CUORGNE’ - La struttura fortificata
medievale di Salto si compone, entro il recinto murato, della torre in
pietra del castello e della cappella castrense di S. Pietro.
Se il mastio s’erge ancora con il
suo volume regolare, l’edificio di culto, invece, è ormai ridotto
in rovina, invaso dalla vegetazione, solo conservando integro il grande
arco ribassato d’ingresso.
Sull’altura, tale complesso difensivo
si distingue per il suo allineamento al corso del fiume. Compare tardi
nelle carte, quando la sua componente religiosa è ormai in rapporto
al S. Giacomo, cioè alla chiesa parrocchiale del villaggio, collocata
in basso, anch’essa però d’origine romanica.
Il visitatore Guido di Casanova
che nel 1329, durante l’episcopato di Palaino, intervistò il rettore
su tale unione, ebbe questa risposta: disse d’amministrare anche la “ecclesia
Sancti Petri in Castro”, ma di non riceverne alcuna rendita, sebbene fosse
“multum ampia”. Una situazione analoga si riscontra per S. Croce nel castello
di Sparone. Entrambe, dal lato architettonico, proseguono in Canavese il
semplice tipo ad aula monoabsidata. con una decorazione ad archetti binati,
derivato dall’area alpina, avvicinandosi ad alcune cappelle incastellate
della Valle d’Aosta, come Graines, Cly e Chatel - Argent. Se per una corretta
percezione della realtà d’un oggetto storico dobbiamo essere capaci
d’interrogare il nostro passato, in questo caso possiamo ricorrere alla
descrizione di Pietro Azario, un testimone attendibile. L’iniziativa della
guerra del Canavese venne presa dai Valperga nel 1339, assoldando trecento
mercenari tedeschi. La menzione del castello di Salto si trova nel De bello
canepiciano dell’Azario, sui margini del fiume Orco: “Deinde iverunt apud
Terram Pontis, cum aniversis de Corgnate, quibus populos in Lombardia non
est par, ubi Castrum unum erectum super saxis super flumine Orchi in principio
Vallis Pontis”. Seguì l’assalto alle torri guelfe di Pont, con l’impiego
di numerose macchine da lancio. Un momento di sosta prolungata nelle operazioni
militari fu l’assedio di Pertica, una roccia imprendibile, nell’alta Val
Soana, costruita «in ripara excelsa», con un unico passaggio
obbligato in mezzo alla rupe.
Si chiude con la devastazione della
piana, tagliando gli alberi: “Post autem prædicti de Valperga, ruscando
arbores infinitas, sicut nuces ed castaneas, quæ ibi eran in quantitate,
talenado vineas fecerunt vasta”. L’unica testimonianza romanica inalterata
nella chiesa di S. Giacomo a Salto oggi visibile, è viceversa l’interno
del campanile, in pietra viva sulla roccia, dopo vi si sovrapposero le
mutazioni.
E’ importante, inoltre, nella canonica,
l’affresco tardo trecentesco con la «Liberazione dell’ossessa da
parte di San Giacomo», sulla vela della volta a costoloni.
Si tratta d’una rara scena d’esorcismo,
in cui il Santo, con il bordone da pellegrino appena sceso dal passo della
Galizia, benedice una giovane donna indemoniata, sorretta da due gentiluomini
in berretta, l’una rossa e l’altra scura, mentre i neri diavoletti l’abbandonano.
Il S. Giacomo di Salto, infine, era probabilmente ai suoi inizi una «Chiesa
doppia», soltanto in seguito estesa alle tre navate.
L’impianto a due navi è documentato
con chiarezza nel 1651 dalla visita Asinari: “(ecclesia) constat duabus
navibus æqualibus, duabus columnis in medis postis suffultis”.La
ristrutturazione avvenne entro il secolo successivo: nel 1778 la visita
Pochettini dichiara già che la chiesa “tribus constat navibus fornicatis
et dealbatis”.
Con la costruzione, iniziata nel
1869, di una nuova chiesa, lo stabile del vecchio S. Giacomo di Salto,
con una radicale trasformazione, venne adibito a canonica.
Per chiudere, possiamo solo più
aggiungere che è stato verso la fine del medioevo che i più
antichi luoghi di culto, sorti all’interno di centri fortificati, come
il San Pietro di Salto, sono stati abbandonati a favore delle chiese dei
villaggi, ormai più importanti, dotate di cura d’anime.
aldo moretto