IVREA - Nell’atrio della Cattedrale
di Ivrea, nella quale Arduino fu scomunicato dal Vescovo Warmondo un migliaio
di anni fa, campeggia, dallo scorso quindici febbraio, una lapide commemorativa
dedicata al fiero marchese di Ivrea, a mille anni esatti di distanza dalla
sua elezione a re d’Italia, il 15 febbraio 1002, appunto.
Lo scoprimento della lapide ha segnato
l’atto conclusivo della “Messa di riconciliazione della memoria” celebrata
dal Vescovo Mons. Arrigo Miglio, liturgia austera e solenne, accompagnata
dalle esecuzioni del Coro diretto dal M. Bernardino Streito, che ha attinto
dal suo repertorio anche brani di origine medievale.
La celebrazione liturgica, come
è ovvio, non può alterare i tratti di figure di grande
rilievo, quali Arduino e Warmondo, la cui identità è consegnata
alla storia una volta per sempre. Può aiutare a raccogliere dei
messaggi, validi per l’attualità odierna, ricavabili dall’esperienza
vissuta, in positivo ed in negativo, di personaggi che hanno segnato la
storia e l’identità culturale canavesana.
Alla rivisitazione storica di Arduino
è stato poi dedicato il Convegno tenutosi al Palazzo Comunale di
Ivrea, lo scorso sabato 23 febbraio, in cui è stato presentato un
volume di ricerche storiche scritto a più mani da L. Levi Momigliano,
F. Quaccia, G. Sorgi e L. Tos dal titolo: “Arduino mille anni dopo: un
re fra mito e storia”.
Un parte consistente del convegno
è stato dedicato a presentare le varie “letture” che della figura
di Arduino sono state date nelle epoche successive, soprattutto nell’età
risorgimentale-romantica, testimonianze comunque interessanti del persistere
di un mito, di cui il casato dei Valperga arrivò successivamente
ad appropriarsi, facendo di Arduino l’antenato che diede origine e lustro
a tutta la genealogia dinastica. Ciò spiega fra l’altro la deposizione
delle ceneri di Arduino nel castello di Masino.
Agli storici, però, incombe
il dovere di una ricostruzione attendibile della figura del Re Marchese,
ricostruzione spesso condotta sul filo di indizi labili, ciò che
ha favorito sviluppi fantasiosi e talora strumentali. Per Renato Bordone,
che cita il contributo di G. Sergi, la figura di Arduino accoglie in sé
tratti antitetici. Quale “marchese”, cioé funzionario di una circoscrizione
imperiale piuttosto vasta, la “marca”, svolge una funzione “conservatrice”,
battendosi per mantenere integra la sua circoscrizione, contro le tendenze
in atto, da parte dei nuovi potentes, fra i quali figuravano gli stessi
vescovi, le cui chiese avevano acquisito, mediante le donazioni, ingenti
proprietà, da cui derivava una nuova mappa del potere locale.
Rivoluzionario appare, invece, il
ruolo di Arduino quale re d’Italia, il cui titolo - distinto da quello
di Imperatore - venne rivendicato e sancito nella liturgia dell’incoronazione
a Pavia. Si tratta di una vera novità: è l’identità
controversa di questo “re periferico”, le cui sorti furono destinate
a cambiare rapidamente, ma che dovette godere, per un certo tempo, di un
indubbio vasto consenso locale, soprattutto da parte di quei secundi milites,
rappresentanti del potere feudale di rango inferiore, interessati a conquistare
fette più consistenti di potere locale, rispetto all’Impero.
Quella, comunque, di Arduino - il
Canavese, ma tutta l’alta Italia - è un’area abitata in quel momento
da una società in movimento, un’area/laboratorio di esperienze inedite,
alcune riuscite alcune no.
Nel suo intervento, Mons. Luigi
Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea, ha sottolineato la correlazione fra
le due figure che giganteggiano in quel momento, Arduino e Warmondo, fieri
avversari politici, ma correlati l’uno all’altro, in un rapporto di rispetto
reciproco.
d.p.a.