IVREA - Prima udienza,
sabato scorso in tribunale a Ivrea, per la causa avviata da 200 lavoratori
e undici manager dell'Op Computer di Scarmagno contro la Olivetti, riguardante
una cessione di ramo d'azienda - il settore dei personal computer - ritenuta
illegittima. Un procedimento "pesante": lavoratori e manager chiedono un
risarcimento complessivo di 87 milioni e 800 mila euro, circa 170 miliardi
di lire. Proprio la portata della richiesta ha fatto sì che il tentativo
di conciliazione effettuato dal giudice Andrea Piersantelli non ottenesse
alcun risultato.
Ora si tornerà
in aula il 25 maggio prossimo. Ma nel frattempo potrebbero spuntare importanti
novità all'interno del procedimento. Il 3 dicembre scorso, infatti,
anche i curatori fallimentari dell'ex Op avevano citato in causa la Olivetti,
chiedendo la nullità dell'atto di cessione dell'aprile '97 tra OPC
e OP Computer.
Tale atto, secondo
la curatela, sarebbe stato realizzato in frode alle leggi, dal momento
che l'azienda aveva un passivo di 320 miliardi. Non solo: ci sarebbe stato
anche un conflitto di interessi, poiché all'epoca dei fatti Corrado
Ariaudo era amministratore unico di Op Computers, ma anche presidente di
OPC.
Dal canto suo, l'Olivetti
ha sempre sostenuto che la cessione del settore dei personal computer rientrava
tra le operazioni di ristrutturazione del gruppo, nell'ottica di quel passaggio
alle telecomunicazioni che ha caratterizzato gli anni '90 per l'azienda
di Ivrea. La curatela fallimentare, invece, ritiene - e cercherà
di dimostrarlo nell'udienza fissata per il 27 febbraio - che Olivetti abbia
precise responsabilità nel fallimento (avvenuto nel '99) dell'azienda
di Scarmagno.
Analoga la posizione
dei 200 lavoratori e degli undici manager (assistiti i primi dagli avvocati
Bisacca e Misto, i secondi dall'avvocato Bin) protagonisti dell'udienza
di sabato scorso, che ritengono illegittima la cessione del ramo d'azienda
dei pc e chiedono la "non interruzione" del rapporto di lavoro con Olivetti.