IVREA - La “Settimana
di preghiera per l’unità dei cristiani” si è conclusa la
sera di venerdì 1 marzo con un incontro dal respiro ecumenico, tali
erano le problematiche abbracciate. Il tema: “Come costruire la pace in
Medio Oriente” di terribile attualità, ha richiamato una folta presenza
nella sala S. Marta, composta da persone di diverse fedi (e anche di nessuna
fede), ansiose del presente e del futuro. Relatore è stato il prof.
Bruno Segre (già noto a Ivrea per precedenti incontri), dell’Associazione
“Amici di Nevè Shalom - What as-Salam”, che ha sede a Milano. Ma
del villaggio Nevè Shalom Segre ha parlato solo alla fine del dibattito,
che ha avuto per centro l’opinione di Segre sulla situazione medio orientale.
Il conflitto - egli dice - non è di religione (anche se qualche
frangia estremista dall’una e dall’altra parte lo vorrebbe). E’ un conflitto
etnico, due popoli che vogliono il controllo dello stesso territorio. Come
tale è un conflitto che può essere risolto con un accordo,
cosa impossibile per un conflitto religioso, che si risolve in crociata.
La soluzione auspicabile è quella di due stati. Ma non si può
risolvere in modo militare. Purtroppo nell’ultimo anno e mezzo il rapporto
tra le due società, ebraica e araba, è fortemente retrocesso
e oggi esiste un odio e un sospetto reciproco, che non si erano mai verificati
così forti. Che cosa si può sperare?
Le due leadership sono
deboli politicamente, esposti ai ricatti delle ali estremiste dei due schieramenti.
Rabin era una figura forte e per questo è stato ucciso. Deve riprendere
il riconoscimento che era iniziato a Oslo. Bisogna ripartire - dice Segre
- dalla società civile, dall’educazione alla pace. Ebrei e arabi
sono due popoli simili, che si conoscono; occorre far riemergere i loro
interessi comuni e scoraggiare le minoranze misticheggianti, rafforzare
invece il filone laico di questi popoli.
Rispondendo alle molte
domande del pubblico, Segre precisa qualche dato. Le responsabilità
della situazione odierna sono molte e antiche, provengono anche da quegli
stati che, all’indomani della 2a guerra mondiale, armarono la Transgiordania
(l’Inghilterra) o Israele (l’Urss). Oggi l’Europa deve fare qualcosa per
la pacificazione. Gli insediamenti dei coloni sono contro la pace e devono
essere smantellati. Pensare che il conflitto arabo-israeliano sia una questione
centrale per la pace è opinione pericolosa, perché tutto
è centrale. Il diffondersi dell’obiezione di coscienza tra i militari,
pratica già nata ai tempi della guerra del Libano, dimostra la presenza
anche tra gli israeliani di oppositori alle politiche del governo, che
si possono esprimere liberamente anche sulla stampa.
Com’è oggi “Nevè
Shalom - Wahat as-Salam”? viene chiesto. Come sempre, continua e la sua
storia di educazione alla pace e alla convivenza, anche se in mezzo a crescenti
difficoltà. E’ un’istituzione artificiale, certo, che da trent’anni
tiene in un’unica comunità arabi ed ebrei; alla sua scuola vengono
bambini anche dai dintorni, ma non è stato più possibile
continuare le lezioni della “scuola di pace” nei territori. Resta il fatto
che mentre fuori si spara, a Nevè S. si discute. Dal pubblico viene
alla fine la contestazione: il discorso di Segre è stato troppo
equidistante tra le due parti.
Segre risponde che
è vero, perché crede che la pace sia possibile solo con un
atteggiamento equidistante. Lui non vuole assolvere Israele dai suoi errori;
è vero che Israele compie un’occupazione. Ma bisogna riconoscere
anche il dolore degli altri, come stanno facendo quegli storici israeliani
che stanno scrivendo la storia di Israele tenendo conto del dolore degli
altri. Forse ci si può trovare d’accordo sull’affermazione che non
la terra è sacra, ma la vita.
liliana curzio