ASSISI - Ora che i riflettori
su “Assisi n. 2” si sono spenti, viene da chiedersi che cosa resterà,
che cosa valga la pena di conservare, di questo imponente incontro interreligioso.
Dopo la grande emozione prodotta dal primo incontro, nel 1986, non c’era
più bisogno di partire da zero. C’era già uno “spirito di
Assisi”, non più da inventare, ma da ridestare.
In un’epoca di diffusa
ed esasperata cultura “mediatica”, le immagini valgono più delle
dichiarazioni, i simboli visivi più delle argomentazioni scritte.
Proviamo a raccoglierne qualcuno.
Il treno. Ha fatto
un po’ tenerezza quel trenino che è sgusciato via dai sacri palazzi,
su binari ormai arrugginiti, con il suo carico di papa, cardinali, santoni
e guide spirituali di vario genere. Veniva in mente, frugando nei ricordi
degli spirituals, al Gospel train, il “treno del vangelo”. Ma quel treno
non ha un orario di ritorno in serata; ha davanti a sé il mondo
intero da attraversare, per portare la “gioiosa notizia” della pace.
Il vento. E’ bastato
un colpo di vento un po’ violento per indurre il Papa ad abbandonare le
sue carte e a cogliere al volo, con ammirevole presenza di spirito, il
simbolismo di quel vento birichino. Non è forse, nella Bibbia, il
vento, il ruah, il potente soffio di Dio? “Ha parlato un uomo, ha commentato
Giovanni Paolo II, hanno parlato uomini, ha parlato questo vento. Un vento
forte, quello dello Spirito...”. Se non ci fosse quella “parola”, tutte
le altre sarebbero destinate ad essere pura chiacchiera...
Le molte voci della
chiesa. Tutti hanno parlato di pace, tutti hanno solennemente invocato
la pace, tutti si sono impegnati per la pace. Ma, al di là della
apparente unanimità e delle buone maniere suggerite dal cerimoniale,
non sono mancate, grazie a Dio!, le diversità di toni e di contenuti.
Personalmente mi ha colpito - inizialmente, devo dire in modo irritante
- l’intervento del rabbino americano Israel Singer, con la dichiarazione
“La Bibbia ci chiede di combattere i nostri nemici, spietatamente e senza
misericordia. E noi, durante il nostro tragico passato, abbiamo combattuto
i nostri nemici (anche adesso, rabbino Singer! n.d.r.). Come conciliare
queste parole con la preghiera e l’impegno per la pace delle religioni?
Fin troppo facile e scontato dichiarare il nostro dissenso... Ma quelle
parole, in ogni caso, non ci ricordano forse il tragico prezzo della pace,
se “Dio, l’Onnipotente, ha rovesciato i potenti dai loro troni e ha innalzato
gli umili”? Come Dio realizza tutto questo? Non sarà, come qualcuno
sostiene, che l’Occidente cristiano ha abbandonato l’interpretazione profetica
della violenza dell’Antico Testamento, e l’ha sostituita con un’indifferenza
verso gli ultimi e i poveri, “cedendo” in tal modo la loro protesta ai
fondamentalismi violenti di altre religioni?
E poi, ciascuno a pregare
in luogo appartato... E’ la delusione di Assisi due (e di Assisi uno).
Perché non si riesce a pregare insieme per la pace? E’ così
diversa la concezione di Dio o la visione della pace che si chiede, da
impedire ogni tentativo di unificare concretamente la preghiera? Si è
parlato del rischio del sincretismo, di una (possibile) “insalata russa”
in cui i vari ingredienti religiosi sarebbero stati ingiustamente mescolati
e confusi... Tutto ciò ci ricorda quanta strada il dialogo interreligioso
debba ancora fare, se i leader prestigiosi delle principali religioni mondiali,
convocati a questo scopo dal Papa, alla fine, non sono riusciti concretamente
a pregare insieme.
I lumi della pace.
Ci hanno pensato i figli di Francesco ad offrire a tutti lo stesso segno
semplice ed eloquente: il lume della pace. E’ un altro simbolo di quello
Spirito, del cui soffio potente i protagonisti e gli spettatori di Assisi
due hanno sicuramente sentito un grande bisogno.
d.p.a.