CERESOLE - "Il Parco
del Gran Paradiso esiste ancora oggi perché ci sono state e ci sono
le sue guardie". Con queste parole il presidente del parco Franco Montacchini
ha introdotto le due giornate del 18 e 19 gennaio in Val di Rhêmes,
organizzate per festeggiare gli 80 anni dell'area protetta e che hanno
visto protagonisti i guardaparco di molti parchi alpini impegnati in un
workshop dedicato alla loro figura professionale e in una gara a squadre
a Rhêmes Saint Georges, in Val d’Aosta.
Moderato dal direttore
della Rete delle Aree Protette Alpine Guido Plassmann, il workshop ha rappresentato
il primo incontro internazionale espressamente dedicato a una figura professionale
che, malgrado le profonde differenze presenti nelle diverse realtà
alpine, è e rimane il garante della sorveglianza sul territorio
e il "biglietto da visita" del parco stesso verso l'esterno. Un mestiere
a largo raggio, che spazia dalla sorveglianza del territorio alla ricerca
scientifica e al monitoraggio, dall'informazione del pubblico all'educazione
ambientale, dai lavori manuali di manutenzione alle funzioni di polizia
e giudiziarie.
I numerosi interventi
che si sono susseguiti hanno permesso di fare una veloce carrellata sulle
diverse realtà locali lungo l'arco alpino, evidenziando differenze
anche piuttosto marcate, il più delle volte legate a diversi presupposti
culturali e legislativi. Oltre confine, ad esempio, la "garde moniteur"
dei parchi nazionali francesi, oltre che nella sorveglianza è
impegnata in larga misura nell'educazione ambientale e nelle attività
con i turisti. Anche nel Parco nazionale svizzero dell'Engadina il guardaparco
è impegnato a largo raggio in numerose attività sul territorio,
con una particolare cura della formazione professionale che prevede un
corso apposito della durata di 2 anni. Una piccola isola felice sembra
essere anche il parco nazionale tedesco di Berchtesgaden dove il "ranger",
grazie anche alla cultura germanica particolarmente rispettosa dell'ambiente,
ha potuto quasi abbandonare la sua funzione punitiva di poliziotto per
diventare un esempio per i visitatori e una figura con cui potersi consigliare.
Per quanto riguarda l'Italia, i delegati delle aree protette piemontesi
hanno evidenziato un'eccessiva disomogeneità nei servizi di sorveglianza
dei diversi parchi e auspicato la creazione di un coordinamento a livello
regionale, mentre è stata evidenziata una situazione piuttosto critica
per i parchi lombardi (dove il servizio di sorveglianza è praticamente
assente), mentre risulta in buona salute la situazione delle altre regioni:
in particolare, in Alto Adige è recentissima l'introduzione di una
nuova figura professionale, quella dell'assistente per le aree protette,
impegnato più nell'educazione ambientale del pubblico che nella
sorveglianza del territorio. E' poi seguito un dibattito nell'ambito del
quale si sono cercati dei punti in comune tra le diverse realtà
alpine da cui partire per un confronto e per un cammino comune.
Il direttore del Parco
del Gran Paradiso Michele Ottino ha proposto di creare un gruppo di lavoro
dedicato alla figura professionale del guardaparco nell'ambito della Rete
delle Aree Protette Alpine. L'iniziativa verrà organizzata e seguita
direttamente dal Parco del Gran Paradiso, nell'ambito delle iniziative
per l'anniversario di fondazione. "Perché se il parco compie 80
anni, le nostre guardie del parco ne compiono ben di più - ha concluso
Montacchini -. Noi sappiamo che proprio su questi territori dove c'era
la riserva reale di caccia del Gran Paradiso dal 1856 c'erano le guardie
regie, che in molti casi sono i bisnonni o i trisnonni di alcuni dei nostri
guardaparco: gente del posto, stata assunta dal Re per sorvegliare i suoi
territori di caccia. Se il parco è riuscito poi a partire come struttura
gestionale del territorio l'ha potuto fare perché si è trovato
tutta una base di strutture legate al corpo di sorveglianza: le case di
caccia, i casotti in quota, le strade reali, i sentieri.. E se siamo arrivati
ad avere di nuovo lo stambecco su tutte le Alpi lo dobbiamo in buona parte
a quelle guardie che hanno saputo conservare quegli esemplari sul territorio
del parco anche nei periodi peggiori. E' chiaro che questo ci inorgoglisce
molto. Molte volte ho detto e ripetuto che in realtà l'Ente Parco
è rappresentato soprattutto dalle sue guardie. Sono quelle che vivono
sul territorio, quelle che gestiscono il territorio stesso".