IVREA - La sala Santa
Marta gremita ha accolto, la sera di martedì 24, il racconto e il
dibattito relativo all’iniziativa “Azione per la pace”, svoltasi in Palestina
dal 27/12 al 2/1, cui hanno partecipato quattro rappresentanti dell’Ivrea
Social Forum (Enrico Levati, Paola Poletto, Alfredo Tradardi, Francesco
Zaccagnini). La proiezione delle immagini, filmate con piglio non professionale
ma molto efficace, ci ha trasmesso almeno in parte il clima di confusione,
di sofferenza, di tensione, di incertezza della Palestina, con qualche
raro momento di festa (l’ultimo dell’anno), e di commozione (l’incontro
con Arafat e quello con i parenti degli uccisi). Un breve resoconto di
Levati ha sottolineato le tappe principali della settimana, ricchissima
di iniziative e di incontri, sempre ostacolati in vario modo da parte israeliana.
La “missione” internazionale “Azione per la pace” era composta da circa
400 europei, di cui metà italiani, con l’obiettivo di far pressione
sulle Istituzioni Internazionali per l’invio di Osservatori e realizzare
una resistenza, insieme a palestinesi e israeliani, nonviolenta. La missione
ha sostato a Ramallah, a Gerusalemme, a Nablus, Haifa, Betlemme, nella
striscia di Gaza. Diretta a Hebron, è stata fermata dai militari
israeliani, che impediscono anche la sera dell’ultimo dell’anno di raggiungere
Gerusalemme da Betlemme a un corteo guidato da autorità religiose
di diverse confessioni, che sosterà per un’ora davanti al posto
di blocco in preghiera, con la partecipazione anche dei manifestanti internazionali.
Dalla relazione e dal
dibattito intenso che ne è seguito, col contributo anche degli altri
“reduci”, sono emersi molti particolari e molte chiarificazioni. A che
servono queste iniziative? A dare fiducia ai palestinesi e agli israeliani
pacifisti, a rompere il loro isolamento, far sentire la nostra solidarietà.
Nell’immediato la presenza di questi manifestanti internazionali offre
anche ai palestinesi momenti di respiro nel cupo clima di repressione:
i posti di blocco si aprono (anche se non sempre!) per far passare i cortei
(e i più fortunati palestinesi ne approfittano); esercito e polizia
israeliani devono fare più attenzione a come agiscono, perché
sanno di essere sotto l’occhio dell’opinione pubblica internazionale.
I colloqui e gli incontri
che si sono svolti con personalità palestinesi di varia tendenza
e anche con ebrei (la Comunità Italiana) hanno permesso un approfondimento
dell’intricata questione, alla ricerca di possibili soluzioni che devono
basarsi sempre su conoscenza della realtà.
La missione “Azione
per la pace” intende appoggiare tra i palestinesi la parte più democratica,
libera e laica; non dimentichiamo che esistono molti e diversi punti di
vista tra i palestinesi, che comprendono però che soltanto restando
uniti contro l’occupazione israeliana possono sperare per il futuro. Anche
per gli israeliani la realtà diventa ogni giorno più insostenibile;
non solo per la sicurezza personale, ma anche per le difficoltà
economiche che la situazione comporta e per il peso sui giovani del servizio
militare. L’opposizione israeliana al governo cresce e si è vista
la folta presenza alla manifestazione a Gerusalemme del 28, promossa dalle
donne pacifiste israeliane.
Esistono diverse organizzazioni
israeliane che lavorano per la pace; in contatto anche con queste nasce
il progetto che durante la serata è stato lanciato: adozione di
un villaggio palestinese e sostegno alle sue concrete necessità,
da parte della nostra comunità eporediese e canavesana. I particolari
sono allo studio, ma è evidente il forte significato e anche il
peso pratico di questa iniziativa.
Un prossimo appuntamento
attende i pacifisti di “Azione per la pace”, durante il quale saranno meglio
individuati i modi per realizzare il nostro progetto: infatti dall’11 al
18 febbraio avrà luogo una nuova missione in Palestina, cui tutti
sono invitati.
Per riassumere i sentimenti
di sgomento e di rabbia che la realtà palestinese suscita, vista
da vicino, Tradardi ci ha invitati a rileggere i versi di Primo Levi: “...Considerate
se questo è un uomo, che lavora nel fango, che non conosce pace,
che muore per un sì o per un no...”.
liliana curzio