Il prossimo 24 gennaio
2002 Giovanni Paolo II pregherà ad Assisi, con i rappresentanti
delle diverse religioni, per la pace. Grande risonanza ebbe l’analoga iniziativa
dell’87, la prima di questo genere, e probabilmente così sarà
anche per questo secondo appuntamento, indetto in un momento da tutti sentito
come drammatico per le sorti dell’umanità, e celebrato in un momento
di pesante impasse internazionale, che non deve illudere nessuno sulla
pericolosità della posta in gioco.
L’invito del Papa è
la condanna più esplicita della guerra, perché di fatto la
dichiara come via impraticabile e distruttiva, incapace di ristabilire
quella giustizia che pure resta un diritto fondamentale, come ribadiva
anche il Messaggio pontificio per la recente Giornata Mondiale della pace.
E’ questo il contesto
in cui ci prepariamo a vivere la settimana di preghiera per l’unità
dei cristiani, dal 18 al 25 gennaio, preceduta il giorno 17 dalla giornata
dedicata al dialogo ebraico cristiano. Un forte appello all’unità.
Uno è il ceppo della fede nel Dio di Abramo, in cui ebrei e cristiani
credono; comune è la storia della salvezza che per i cristiani culmina
nell’evento pasquale di Gesù; unica è la chiesa che Gesù
ha pensato e voluto: un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo.
Egli è venuto per fare dei due - cioè il popolo ebraico e
l’insieme degli altri popoli - un solo popolo (Efesini cap. 2). Paolo,
nei capitoli 9-11 della lettera ai Romani, esprime con termini appassionati
la sua fede nel compimento di questo disegno di Dio, compimento che appartiene
al futuro dei tempi di Dio.
L’unica chiesa di Gesù
Cristo invece è già una realtà, nonostante le divisioni
dei cristiani, come ci ricorda il documento post giubilare Novo Millennio
Ineunte: quanti credono nell’unico Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, nell’unico
salvatore Gesù, nell’unico battesimo che dà la remissione
dei peccati e la nuova vita sono già uniti in modo indissolubile
nel Signore Gesù, anche se le divisioni storiche che si sono create
per il peccato dei cristiani e per l’opera del maligno - il diàbolos,
colui che divide - non permettono di vivere pienamente e di manifestare
questa unità fondamentale.
Pregare per l’unità
dei cristiani significa allora chiedere al Signore che ci aiuti a compiere
un cammino di conversione per giungere a quell’unità per cui Egli
stesso ha pregato prima della sua passione (Giovanni cap. 17). Tendere
all’unità significa anche cercare di comprendere sempre meglio il
“depositum fidei” ricevuto dagli Apostoli, per fare discernimento tra le
differenze che oggi caratterizzano le varie chiese e comunità ecclesiali
e capire quali sono frutto dello Spirito e quali invece sono solo opera
dell’uomo o frutto del peccato.
Resta però ancora
la domanda di fondo: essere uniti in piena comunione perché?
La prima vera e fondamentale
evangelizzazione che i cristiani sono chiamati a realizzare è quella
di una nuova vita di comunione e di fraternità, mirabilmente testimoniata
dalla prima comunità cristiana, quella di Atti degli Apostoli, vita
resa possibile dalla morte e resurrezione di Gesù con il dono dello
Spirito.
Pregare e lavorare
per l’unità dei cristiani significa allora chiedere al Signore che
ci metta in grado di essere credibili nell’impegno di evangelizzazione
e nell’impegno per la pace. L’impegno ecumenico è fondamentale per
ogni dialogo interreligioso e per ogni iniziativa delle chiese sulla via
della pace.
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