Sono i giorni degli
auguri natalizi, che mi offrono l’occasione felice di esprimere un augurio
particolare alla diocesi e a tutta la comunità canavesana.
Augurio vuol dire gioia,
lode, ringraziamento, ma anche incoraggiamento e invito a proseguire con
fiducia.
La contemplazione del
Presepe, ricordo vivo di un evento iniziato venti secoli fa ma tuttora
ben presente nella storia, ci mette di fronte a Gesù bambino posato
sulla nostra terra, divenuto compagno di strada per ogni uomo, anzitutto
per il più piccolo e per il più povero.
E’ questo il primo
motivo di gioia e di fiducia.
Di qui nasce un augurio
speciale anzitutto per il vescovo mons. Bettazzi, per la sua attività
infaticabile a servizio di tante chiese e della pace; per i sacerdoti della
nostra diocesi, che spendono generosamente la loro vita intera, ogni giorno,
per far conoscere Gesù e il suo vangelo; per i catechisti e per
tutti gli altri collaboratori parrocchiali, che accanto agli impegni di
famiglia e di lavoro trovano il tempo per essere a servizio della famiglia
parrocchiale; per le comunità religiose e per le associazioni ecclesiali,
che fanno della loro vita un impegno di testimonianza evangelica; per i
tanti cristiani che singolarmente, spesso nascostamente, sanno diffondere
il buon profumo di Cristo e del Vangelo; per tutte le persone di buona
volontà, e sono tante anch’esse, che senza condividere la nostra
fede, e talora avendo trovato in alcuni di noi non un aiuto ma un ostacolo,
sanno ugualmente testimoniare un cammino di retta coscienza orientato sui
valori umani fondamentali. Il percorso della visita pastorale mi permette
di vedere da vicino tutte queste realtà, un vero giardino che fiorisce,
come leggiamo in questo periodo nel libro di Isaia. Perciò l’augurio
natalizio non è formale ma nasce dall’esperienza quotidiana del
mio servizio e diventa invito a saper vedere per lodare, ringraziare, riprendere
fiducia.
Ci sono anche le sofferenze,
fisiche e morali, causate dalla malattia o da incomprensioni e divisioni;
le ansie e le paure legate ad una guerra iniziata in modo anomalo e che
rivela sempre più logiche lontane da un vero progetto di pace. Giovanni
Paolo II, nel messaggio per la prossima Giornata della pace, invita con
parole pesate e profonde a coniugare giustizia e perdono: l’augurio migliore
che mi pare di dover fare al Papa è di essere ascoltato e preso
sul serio, anzitutto da noi.
Nell’impegnarmi a portare
ai piedi di Gesù bambino tutte le sofferenze che incontro, vorrei
però mettere al primo posto quelle dei bambini, vittime di violenza
da parte di famigliari o di educatori, vittime della solitudine nelle famiglie
in cui è venuto meno l’amore vero, vittime della fame e della guerra
in tanti paesi del mondo, a causa dell’ingiustizia che ci vede complici
e delle armi prodotte in gran numero anche in casa nostra. Davanti ai bambini
non possiamo essere ipocriti, ci smascherano subito; se poi il bambino
si chiama Gesù... A lui possiamo affidare con fiducia tutte queste
sofferenze, perché il suo nome significa Salvezza, Dio che salva,
che non si è stancato di noi, che ci ama ancora.
Questi auguri vi giungono
tramite il settimanale diocesano: è l’occasione per rivolgere anche
al Risveglio un augurio particolare, perché possa diffondere sempre
più la fiducia e la speranza che ci giungono da Betlemme.
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