IVREA - Matilde Adduci è una giovane donna torinese,
appena ritornata da una visita ai campi profughi afghani, a Peshawar, in
Pakistan. Matilde faceva parte di una delegazione delle Donne in Nero guidate
dall’on. Luisa Morgantini. Le Donne in Nero sono una associazione pacifista
sorta nell’88 in Israele e diffusasi poi in tutto il mondo, in opposizione
nonviolenta ai conflitti ovunque presenti, con proposte concrete di risoluzione,
elaborate dalle donne stesse. Nelle Donne in Nero confluiscono diverse
associazioni, con diverse impostazioni, ma tutte con forte riferimento
al valore della responsabilità individuale.
Matilde Adduci ha riferito del suo viaggio sabato 1 dicembre,
nella sala dell’Abcinema, insieme a Margherita Granero, delle Donne in
Nero di Torino, in un incontro organizzato dal Comitato Ivrea-Qaladiza,
dal Com. Solidarietà con ex-Jugoslavia, dal Centro Documentazione
Pace, da Casa delle Donne e Ivrea Social Forum. Una proiezione di diapositive
ha illustrato efficacemente la realtà dei campi profughi e l’azione
delle due associazioni Rawa e Hawca, che assistono donne e bambini rifugiati,
compiendo anche opera di educazione ed istruzione.
Il Pakistan, dove il 30% della popolazione non si nutre
a sufficienza, accoglie milioni di profughi dell’Afghanistan, fuggiti da
un ventennio di guerre. Ci sono campi di tende su terra battuta e campi
stanziali, cioè fatti da case di terra, già da 16 anni, con
tentativi di piccoli orti intorno; ci sono baraccopoli ai margini delle
città e campi isolati nel deserto, vicino a fornaci, dove vengono
sfruttati ai lavoro i bambini. Ai bambini si rivolge con particolare attenzione
l’attività delle due associazioni, con scuole dalle aule modeste,
ma dove vengono insegnate le due lingue delle due principali etnie, anche
l’inglese, la storia delle religioni, un insegnamento laico e aperto al
mondo. Per evitare che i bambini vengano mandati a lavorare per sostenere
la famiglia, sono stati creati dei laboratori per le madri, di tessitura
e ricamo. Alcuni prodotti erano in vendita all’uscita dall’incontro; il
ricavato verrà inviato alle associazioni citate prima.
Per le donne nei campi vengono organizzati al pomeriggio
dei corsi di alfabetizzazione ed è interessante che a frequentarli
vengano anche donne ospiti di altri tipi di campi, dominati dai fondamentalisti:
le donne infatti arrivano coperte dal burqa. Perché il burqa non
è sparito; non sono soltanto i talebani a imporlo e le donne hanno
paura a toglierlo.
Un’altra iniziativa interessante, cui la delegazione ha assistito,
è stato lo spettacolo teatrale dei bambini di una scuola del campo,
spettacolo che raccontava la realtà vissuta dai ragazzi, con messaggi
di libertà e di pace per il futuro.
Questi campi danno l’idea di quanto sia viva e forte l’opera
delle donne afghane nel loro disgraziato paese. Ricordiamo che la Rawa
è nata nel ‘77 per lottare per la giustizia sociale e la democratizzazione
dell’Afghanistan; si è opposta ai sovietici, ai mujahedin, ai talebani;
ha organizzato nella clandestinità corsi di istruzione per le donne;
ha subito esecuzioni e uccisioni. Oggi Rawa chiede all’Europa di aprirsi
ai profughi, chiede al mondo di intervenire con forze di pace, laiche,
chiede che non vadano al potere criminali di guerra (che siano talebani
o no). Rawa e Hawca chiedono anche a tutti noi di aiutarle concretamente.
La solidarietà si può esprimere con versamenti sul c/c bancario
n° 2017194/79 della C.R.T. di Ivrea con la causale “Per le donne Afghane”.
liliana curzio