IVREA - Galeotto fu...
il tema prescelto dalla Presidenza del Consiglio Pastorale Diocesano per
la "Tregiorni" dello scorso settembre. Una scuola di... ascolto, ascolto
non solo della Parola (ascolto degli ascolti, verrebbe da dire), ma anche
ascolto delle realtà presenti sul territorio diocesano, realtà
culturali, sociali, politiche, economiche. Chi vive nel territorio della
diocesi di Ivrea? Quali donne e quali uomini quotidianamente la comunità
ecclesiale eporediese incontra, interroga, confronta?
Un'ipotesi di lavoro
che nelle sue linee di pensiero è stata delineata e introdotta da
Roberto Mancini nella sua lezione, ma che ha trovato applicazione pratica
già il venerdì sera con l'ascolto di alcune realtà
territoriali: gli amministratori pubblici, i responsabili dei servizi sociali,
gli imprenditori, i rappresentanti del volontariato.
Siamo in grado di capire
chi già frequenta le nostre chiese, le nostre comunità, le
nostre attività, ma diverso è il confronto con chi - accanto
a noi - opera, amministra, produce, soffre, lavora, attende un gesto di
attenzione e di ascolto.
Sembrava la pista giusta
da battere ed ecco che per le prossime riunioni del Consiglio Pastorale,
la Presidenza ha individuato alcuni momenti di ascolto, su temi che interpellano
da vicino sia la nostra Chiesa, sia il nostro essere Chiesa.
Un primo tema è
proprio quello dell'immigrazione, in parte un tema che si è imposto
(forse finalmente, verrebbe da dire) alla nostra attenzione, dopo i fatti
di settembre, ma anche perché è innegabile che la porta delle
nostre chiese è forse la prima (o la seconda) che viene interpellata
da chi arriva nel nostro paese alla ricerca di una vita e una condizione
- in qualche modo - migliori.
I flussi migratori
sono tra i più variegati e compositi, da zona a zona d'Italia. La
stessa conformazione e posizione geografica del nostro paese ne fa un laboratorio
privilegiato e atipico. In Italia, infatti, le frontiere esistono, ma le
centinaia di chilometri delle nostre coste ne fanno terra di facile approdo
per migliaia di disperati, alla mercè delle criminalità organizzate
che predispongono la loro tratta.
Il grande pericolo
che siamo tentati di correre, oggi, è quello di identificare con
impressionante pressapochismo immigrazione con terrorismo con Islam. Ma
ancora dobbiamo cercare di capire e di conoscere quali, quanti e chi sono
gli immigrati stranieri presenti in Canavese, da quanti anni risiedono,
quali differenze ci sono tra la prima ondata migratoria di qualche anno
fa e quelle attuali. Sono integrati, quali rapporti ci sono, li conosciamo,
li possiamo conoscere, quali bisogni spirituali, non solo materiali, hanno?
A questi interrogativi si cercherà di dare qualche risposta, con
l'aiuto di persone che operano nel settore.
Lo scopo di queste
sedute del Consiglio Pastorale è proprio quello di cercare di capire,
ascoltare, aprire gli occhi, senza paura, ma con consapevolezza sulla realtà
che ci circonda, ci interroga, ci provoca. Bisognerebbe cercare di capire
se l'ansia di legalità che ci attanaglia sia in qualche modo soddisfatta
dalle istituzioni e se, soprattutto, chi vuole regolarizzare la sua situazione
di clandestinità, può farlo oppure è costretto a essere
ricacciato nell'illegalità da una burocrazia eccessivamente e, a
volte, volutamente zelante. Quale ruolo e quale compito per le comunità
cristiane? Prima di rispondere a questa domanda è però forse
necessario, davvero, capire, conoscere, studiare... in una parola... ascoltare.
maurizio rossi