CANDIA - Gli scavi archeologici
tuttora in corso a San Michele di Candia, oltre ad aver rimesso allo scoperto
il disegno dell’impianto romanico, hanno portato al ritrovamento di un
fonte battesimale rotondo, segnato da mezzi mattoni a raggiera, ancora
d’ambito paleocristiano: è una testimonianza precoce sulle origini
del cristianesimo nel nord.
Se costituiva, all’inizio,
una parte di un intero diversamente orientato, rispetto all’opzione romanica,
soltanto il procedere dei lavori stratigrafici lo potrà, forse,
chiarire.
Le fondazioni riscoperte,
insieme a molteplici tombe, anche sovrapposte, indicanti un frequente uso
cimiteriale dell’edificio, concordano, per contro, con le notizie storiche
che danno la pieve sul lago, intorno al Mille, al governo dei canonici
della chiesa di Ivrea.
Nella zona rialzata
del presbiterio, inoltre, s’è conservato un lacerto di velario ad
affresco, simile a quello ritrovato a Fruttuaria, accanto al soggetto a
mosaico dei due grifoni affrontati a difesa dell’altare.
Per Santo Stefano del
Monte, invece, la ricerca archivistica ha accertato che la ricostruzione
del priorato, allora affidato ai canonici del Gran S. Bernardo, va assegnata
alla prima metà del XII sec., in base alla bolla del 1177 di Alessandro
III che confermava la precedente volontà di Eugenio III, quando
il Romanico raggiunse a Candia la propria pienezza espressiva.
E’, soprattutto, la
duplice sequenza degli archi a tutto sesto della navata centrale a costituire
un esito di grande forza: tali varchi sulle navatelle sono d’altezza digradante,
perché assecondano la pendenza del suolo fino alla cripta.
Quest’ultima si segnala,
viceversa, per il riuso di capitelli su esili colonnette d’un gusto barbarico
per la preferenza accordata ai motivi formati soltanto dalla linea curva,
rozzamente incisa sulla pietra.
Prima, il Santo Stefano
del Monte aveva un aspetto più rude, caratterizzato, esternamente,
dal campanile in facciata, collocato in posizione disassata rispetto all’impianto
longitudinale, come con evidenza ora s’evince dalla traccia visibile sulla
parete di controfacciata.
Sempre all’esterno,
il fianco settentrionale conserva, in alto, una lunga striscia ad affresco
della “danza macabra”, mentre quello meridionale viene impreziosito da
ornamentazioni ritmate di archetti pensili in rossi mattoni che raggiungono
il circuito absidale, condannato al dissesto specialmente dal più
tardo inserimento di un campaniletto triangolare barocco.
Il territorio
lacustre, naturalmente, ha condizionato la serie monumentale di Candia,
ricordando che, secondo il pensiero di Louis I. Kahn, va sempre rispettata
una condizione essenziale: “Senza l’acqua e le leggi che la governano non
si può iniziare a costruire”.
Per il borgo di Canavese,
già gravitante verso il lago, è attestato, per di più,
durante tutta l’età medievale, un legame con Santa Maria Maddalena
del Ponte di Mazzè, sulla Dora Baltea e i suoi approdi, entro un
armonioso “ordine dell’acqua”.
Sulla sua situazione
culturale, infine, al di là della presenza degli esponenti religiosi
eporediesi, rafforzata ai tempi del vescovo Guido I di Ivrea (1123-1163/1165),
attivo tra papato e impero, ha molto pesato l’insediamento di quelli valdostani,
aperti attraverso il loro ospizio sul valico del Mont-Joux alle più
varie influenze europee.
Se si può avanzare
qualche dubbio a riguardo del periodo d’esecuzione della cripta di Santo
Stefano del Monte, anche per l’urto visivo indotto dai suoi capitelli di
rempiego, con semicerchi concentrici declinanti talora in forma di fungo,
la continuità con l’aula del tempio ricostruito, assecondando in
modo preciso la sua inclinazione, si lascia concettualmente cogliere, ed
è ciò che più conta, come un momento di uno stesso
progetto.
Lungo la fuga prospettica
delle arcate della navata maggiore l’unitarietà è così
stringente da imporsi come una misura esemplare del più controllato
sistema architettonico romano.
Nella nitidezza distesa
del muro di Candia, infatti, si coglie l’arte di collegare i passaggi,
diversi tra di loro, attraverso la permanenza dei pilastri.
aldo moretto