Il messaggio del Papa in occasione
della Giornata Missionaria del prossimo 21 ottobre incomincia con l'invito
rivolto alla Chiesa a "prendere il largo", con riferimento alla pagina
del Vangelo, in cui Gesù chiama i suoi apostoli alla missione universale,
partendo dalle sponde del lago di Genezareth.
L'invito del Papa è
stato accolto dai Vescovi italiani, i quali negli "Orientamenti pastorali"
per i prossimi dieci anni del millennio ("Comunicare il Vangelo in un modo
che cambia") si sono lasciati interpellare da questa urgenza missionaria
e nell'Introduzione (n.8) hanno scritto: "Avvertiamo l'urgenza di rinnovare
e approfondire il nostro servizio alla missione di Cristo. L'amore di Cristo
ci spinge ad annunciare la speranza a tutti i fratelli e le sorelle del
nostro paese".
"Prendere il largo"
diventa, quindi, l'impegno di ogni chiesa, di ogni cristiano; ma diventa
anche una sollecitazione a verificare a che punto è arrivato il
cammino missionario delle nostre comunità.
Gesù speranza
dei popoli 21 ottobre, Giornata Missionaria
Mondiale
Alcune considerazioni
potrebbero essere queste:
1) Il "mondo" missionario
ha un orizzonte variegato e complesso: la diversità e il numero
delle esperienze rendono difficile la decodificazione e l'interpretazione
della parola stessa "missione".
"Missione" è portare
il Vangelo, ma è anche creare e sostenere dei Progetti di Sviluppo;
"missionari" sono i classici annunciatori di Cristo, ma anche i volontari
laici, che a vario titolo e con competenze diverse, sono impegnati
nei paesi del Sud e dell'Est del mondo.
Nel panorama missionario
indubbiamente si sta cercando una nuova identità: la chiamata alla
missione per tutti i battezzati, riscoperta dal Concilio Vaticano II, ha
causato, infatti, un annacquamento dell'idea di missione e una perdita
di specificità. Il missionario di un tempo si trova spiazzato di
fronte alla cultura di oggi che insiste più sull'impegno umanitario
che sull'annuncio del Vangelo, anche se la ricchezza e la vivacità
delle iniziative coinvolgono ancora molti e sono capaci di abbattere gli
steccati.
2) E' sempre più
evidente la disponibilità e il ruolo dei laici nella missione. Di
conseguenza, è tempo di pensare alla loro formazione missionaria
e a nuove forme di presenza del laicato, prima di tutto accanto ai sacerdoti
e ai religiosi, ma anche come famiglie e come singoli, responsabili e animatori
pastorali di comunità dove il sacerdote non può essere presente.
3) Anche nelle nostre
parrocchie si notano sussulti di novità: stanno prendendo piede
forme di partecipazione diverse all'attività missionaria. Il vocabolario
missionario sta cambiando: anni addietro si facevano collette per battezzare
i "poveri bimbi pagani", oggi si diffonde e cresce l'adozione a distanza.
Ben vengano queste
novità, purché non siano soltanto una moda passeggera e purché
l'aiuto materiale corrisponda a una effettiva sensibilità missionaria.
Purtroppo la missione per molti è un optional e quindi è
delegata agli addetti ai lavori, o confinata in eventi straordinari, come
le giornate missionarie, o finalizzata molto alla raccolta di fondi e poco
alla diffusione di una cultura missionaria, senza tenere minimamente conto
che i due aspetti vanno a braccetto e uno è la verifica della riuscita
dell'altro. Talvolta una cultura poco missionaria crea anche degli alibi
e delle chiusure per nulla cristiani: in nome delle necessità dei
"vicini" si dimenticano quelle dei "lontani", o viceversa.
Dire che la "missione"
l'abbiamo in casa, a motivo della presenza degli immigrati, è dire
una cosa giusta; ma non giustifica il disinteresse e l'indifferenza per
altre realtà lontane da noi, anzi dovrebbe incoraggiare il desiderio
di conoscere e approfondire i tanti aspetti di culture diverse, ma non
inferiori, alla nostra e dovrebbe aprirci a nuove forme di condivisione
(commercio equo e solidale, risparmio etico, consumo critico, volontariato
sul territorio…), che vanno molto al di là della offerta in denaro
che possiamo fare (sempre necessaria e mai da disprezzare).
L'impegno missionario
della comunità cristiana non deve essere né miope né
presbite: questa è l'immagine efficace che i Vescovi italiani ci
trasmettono al numero 46 degli "Orientamenti pastorali" per i prossimi
dieci anni del nuovo millennio.
don gianni