IVREA - LA GIORNATA E’ STATA
UN’OCCASIONE PER RIFLETTERE E GUARDARE AL FUTURO Un patrimonio chiamato
architettura Inaugurato sotto la pioggia,
sabato scorso, il museo a cielo aperto
IVREA - Nuvole grigie,
e pioggia sempre più insistente, hanno in parte compromesso la visita
al Museo a cielo aperto, ultimo atto dopo l’intensa mattinata all’Officina
H dove i discorsi si sono snodati, a più voci, sull’architettura
moderna esistente in Ivrea e, in senso più lato, sulle idee per
il futuro sia locale che nazionale. L’idea di valorizzare il patrimonio
architettonico lasciato alla nostra città dalla lungimiranza politica
ed artistica di Adriano Olivetti, è partita da una proposta dell’ex
sindaco Giovanni Maggia e proseguita con coerenza da Fiorenzo Grijuela.
“Ivrea è un caso unico dove i capolavori si susseguono uno accanto
all’altro. Un patrimonio - è Alberto Redolfi , assessore all’Urbanistica,
che parla - che è stato conservato in modo eccellente dalla famiglia
Olivetti”.
Il dibattito sull’architettura,
visto in senso più generale, offre l’occasione, ai Giovani Architetti
del Canavese, per denunciare il ritardo culturale dell’Italia che si aggira
sui vent’anni, periodo in cui centomila architetti hanno proposto soltanto
“progetti di carta”. Nessuno investe in architettura. E’ questa l’opinione
del prof. Luciano Gallino della Università di Torino che dice: “Manca
la visione urbanistica che ebbe Adriano, l’unico ad aver capito che il
piano territoriale deve crescere dal basso” partendo dalle case popolari,
asili e biblioteche. “Il nostro Paese è allo scempio”. Potremmo
tentare il rilancio partendo dal regionalismo “cercando la difficile linea
di equilibrio che sta fra il locale e la globalizzazione che schiaccerebbe
ogni iniziativa”.
Bisogna passare dalla
carta destinata al nulla all’azione concreta. Lo ha detto l’on. Vincenzo
De Luca descrivendo la trasformazione urbana in atto a Salerno dove, per
poter lavorare, le battaglie politico - culturali e le innumerevoli resistenze
sono state aggirate sul filo estremo della legalità. Accuse e prese
di coscienza hanno espresso gli architetti Alberto Cecchetto e Stefano
Boeri docenti all’Istituto Universitario di Architettura a Venezia. Il
principale “mea culpa” consiste nella mancata predisposizione a pensare
in grande come ad esempio è avvenuto a Barcellona in occasione delle
Olimpiadi. “Si dovrebbe ripartire dalle piccole cose riconciliandoci con
l’ambiente superando il conflitto tra conservazione e moderno e la burocrazia
che blocca lo sviluppo”. “Non ci siamo accorti che c’era qualcosa che stava
cambiando e che stavano nascendo nuovi spazi che potevano essere oggetto
di trasformazione”.
Il presidente della
Associazione Archivio Storico Olivetti, Bruno Lamborghini, riconducendo
la discussione al nostro territorio, ha richiamato l’attenzione “sull’intreccio
armonico che deve esistere tra cultura e lavoro in tutte le espressioni
della vita”: un appello rivolto segnatamente alle autorità presenti
(mancava il Vescovo assente giustificato e rappresentato da don Renzo Gamerro)
per il quale occorre credere fermamente nella “produzione di nuove idee
per costruire un ponte tra passato e futuro in una zona ricca di semi intellettuali”.
Questo per non disperdere “quella che era stata definita una utopia e che
utopia non è stata”. Con il Museo a cielo aperto è stato
fatto il primo passo ma bisogna andare avanti pensando alle tante cose
che Ivrea può ancora fare “per crescere questa città culturalmente
e socialmente secondo quella che era stata la visione di Adriano”.