ROMA - Rientrato in
Vaticano dopo l’impegnativo viaggio in Kazakhstan e Armenia, il Papa si
è trovato subito alle prese con il Sinodo dei Vescovi. Il viaggio
in Asia è stato caratterizzato non solo dall’incontro con le popolazioni
a cui ha fatto visita, con significativi riconoscimenti al martirio subìto
dagli Armeni e gesti importanti sul piano ecumenico, ma dagli echi provenienti
dalla situazione internazionale, dopo l’attacco terroristico agli Stati
Uniti.
Il Papa è tornato
più volte, nei discorsi tenuti durante il viaggio, alla necessità
di distinguere il terrorismo, con le sue radici sociali e culturali e la
sua logica aberrante di morte, dal fenomeno più ampio della religione
e della cultura islamica, chiamata, come le altre grandi religioni monoteistiche,
alla pace e al dialogo.
Lo svolgimento del
sinodo riporta il Pontefice ad una dimensione più “interna” alla
vita della Chiesa Cattolica. A questo sinodo, dedicato alla figura del
Vescovo nella Chiesa, il Papa ha voluto suggerire una speciale angolazione:
il ministero del Vangelo (e dell’evangelizzazione) per la speranza del
mondo. L’annuncio del vangelo, come compito specifico dei Vescovi, è
finalizzato ad offrire un contributo specifico di speranza al mondo.
Lo “strumento di lavoro”
distribuito ai Padri sinodali, e già frutto di una consultazione
richiesta dai “Lineamenta” iniziali, presenta una robusta ed articolata
riflessione sul ministero episcopale, sviluppata alla luce della “ecclesiologia
di comunione” del Concilio Vaticano II.
La prima caratteristica
che si ricava da una lettura affrettata del testo è la sottolineatura
dell’aggancio del ministero del vescovo al mistero della sua vocazione
e consacrazione. In altre parole, l’analisi e l’aggiornamento sui compiti
istituzionali sono, sempre di nuovo, riferiti alla “grazia” e “al mistero”,
che pone il Vescovo come immagine del Padre e del Figlio, il buon Pastore,
destinatario della unzione dello Spirito Santo. Una “visione trinitaria
della vita e del ministero del vescovo” apre, così, alla indicazione
di una spiritualità episcopale, che ha nella preghiera e nella comunione
i suoi cardini fondamentali. Una spiritualità che non è “dato
acquisito” al momento dell’ordinazione, ma un “cammino”, mai interamente
concluso.
Nell’esercizio del
suo ministero nella Chiesa particolare (il documento descrive anche diffusamente
la responsabilità universale, “cattolica”, della missione episcopale),
il Vescovo è richiamato ai tre “compiti” indicati dal Concilio.
Nel primo, il ministero della Parola, una particolare accentuazione è
rivolta all’impegno dell’inculturazione, con il conseguente dialogo con
le istituzioni culturali e la valorizzazione del patrimonio artistico della
sua Chiesa particolare.
Nel ministero di santificazione
e di presidenza liturgica (il vescovo come sacerdote e liturgo, soprattutto
nella sua Cattedrale), le consultazioni fra i vescovi hanno sottolineato
la responsabilità di questi in ordine alla “celebrazione e alla
disciplina dell’iniziazione cristiana”. Una pastorale con connotazioni
missionarie sempre più accentuate non può fare a meno di
offrire itinerari di iniziazione cristiana, dei quali il Vescovo è,
nella sua diocesi, il primo responsabile, e non solo al momento della celebrazione
sacramentale.
Nel ministero del “governo”,
cioè della guida pastorale, lo “strumento di lavoro” dedica ampio
spazio alle opportunità e agli strumenti, quali le visite pastorali
e i sinodi diocesani.
Un ministero, dunque,
quello episcopale, che pur ancorato alla tradizione ecclesiale avverte
le urgenze poste da questa nuova stagione ecclesiale, in relazione a nuovi
fenomeni sociali, e a quegli “aeropaghi dell’evangelizzazione” in cui il
messaggio evangelico non va solo proclamato ma posto in relazione alle
istanze della promozione della pace, della liberazione dei popoli, del
riconoscimento dei diritti delle minoranze, della promozione della donna,
ecc.
Sul testo presentato
in aula sinodale dal card. Egan, si è aperto il dibattito. Nella
sua omelia tenuta durante la liturgia introduttiva Giovanni Paolo II ha
già offerto un primo contributo, delineando nella figura del vescovo
la profezia della povertà evangelica e l’abbandono di un modello
“aristocratico”.
don piero agrano