IVREA - La nostra Chiesa
diocesana si appresta ad intraprendere un cammino di ascolto attento della
realtà all’interno della quale è inserita.
Per aiutarci a riflettere
sul tema dell’ascolto è stato invitato il filosofo Roberto Mancini,
dell’università di Macerata, che alcuni hanno avuto già occasione
di ascoltare ed apprezzare a Bose.
Per il cristiano, che
crede nella rivelazione di Dio in Gesù Cristo, l’ascolto della Parola
e l’attenzione alla misteriosa azione dello Spirito nella storia rappresentano
la sorgente stessa della sua fede. Non c’è dunque di che meravigliarsi
se nella prossima Tre giorni diocesana siamo invitati a riflettere sull’ascolto
e a focalizzare la nostra attenzione sulla realtà nella quale siamo
chiamati e testimoniare la speranza. Ma può essere interessante
scoprire che il tema dell’ascolto, delle condizioni che lo rendono possibile
e delle conseguenze che scaturiscono dall’assumerlo come modalità
fondamentale di esperienza del reale, è diventato centrale in larga
parte della riflessione filosofica contemporanea, specie dopo la crisi
delle varie forme di razionalismo che hanno caratterizzato gli ultimi secoli.
L’ascoltare e il vedere,
fin dall’antichità greca, hanno fornito alla nostra cultura due
modelli interpretativi del conoscere e del rapportarsi alla realtà:
mentre il primo determina una distanza, frapponendo fra noi e l’oggetto
della nostra conoscenza un intermediario che ce ne svela il senso, il secondo
sembra porci direttamente a contatto con la realtà che ci rappresentiamo
nella nostra mente (non è un caso che la radice id che troviamo
nel greco idein e nel latino videre abbia dato origine alla parola idea
con cui noi indichiamo l’oggetto della nostra conoscenza).
Nel mondo greco erano
presenti entrambi nella forma della sapienza poetica (mito) e della conoscenza
razionale; nell’ebraismo prevale evidentemente il primo. L’affermarsi del
razionalismo ha segnato la netta prevalenza del secondo modello. Soltanto
la messa in crisi della ragione e del soggetto che si pretendeva arbitro
assoluto del vero ha portato a riscoprire l’altra modalità del conoscere,
per il quale il rapporto con la realtà appare meno immediato e più
complesso.
Infatti, mentre il
razionalismo tende a ridurre la realtà al concetto-idea e nega ogni
forma di trascendenza e di mistero, un modello di conoscenza che si ispiri
all’ascolto dà spazio all’Altro e lo lascia sussistere nella sua
separatezza e differenza. Il primo tende ad essere fondamentalmente monistico
e totalizzante, il secondo presuppone una pluralità di soggetti
che entrano in relazione senza annullarsi nella relazione stessa.
Inoltre, sembra difficile
fondare un’etica sulla base di un presupporto totalitario, mentre un’etica
della responsabilità e della giustizia può trovare il suo
fondamento soltanto in una prospettiva pluralistica, che riconosca la trascendenza
dell’Altro. Queste, in breve, alcune delle principali ragioni che spingono
a considerare le prospettive aperte dalla riflessione sull’ascolto e sulle
condizioni che lo rendono possibile più feconde di sviluppi positivi
e interessanti.
emilio giachino