Ho già dato su
"Avvenire" (domenica 2 settembre) una rapida relazione sul mio ennesimo
(undicesimo?) viaggio in Vietnam. Voglio comunicarlo ora anche agli amici
della nostra diocesi di Ivrea, perché in qualche modo il Vietnam
è anche "nostro".
I legami partirono
da quando, nell'autunno 1973, Pax Christi Italiana organizzò a Torino
la III Assemblea mondiale degli amici dell'Indocina (Vietnam-Cambogia-Laos),
allora alla ricerca della propria indipendenza, e Pax Christi di Ivrea
ne fu il perno organizzativo. L'anno seguente mi recai per la prima volta
in quel lontano Paese, ancora diviso in due (il Sud, con capitale Saigon,
era ancora occupato dagli Americani), invitato dai vescovi locali, in particolare
dall'Arcivescovo di Hué, mio amico dai tempi del Concilio (venne
poi anche a Ivrea, durante un Sinodo episcopale a Roma). Lì ebbi
modo di incontrare l'Arcivescovo di Saigon e di moltiplicare le conoscenze
con persone e gruppi particolarmente impegnati per la riunificazione e
l'indipendenza del Paese.
A guerra finita e Paese
unificato, i contatti con l'Ambasciatore vietnamita a Roma e le sollecitazioni
di chi chiedeva che continuassi a lavorare per la libertà di quel
Paese anche nelle emergenze dei boat-people (di quanti emigravano su navi
di fortuna, affrontando rischi anche mondiali), mi indussero ad approfittare
delle prime aperture turistiche e, nel 1987, turista insieme al Prevosto
di Chivasso, tornai in Vietnam, incontrando amici e autorità governative.
Fra queste era utile incontrare il Direttore dell'Ufficio religioni, una
specie di ministero particolarmente importante dato che, per malintesi
con gli antichi Nunzi, le relazioni con la S. Sede erano state interrotte.
A differenza della Cina, mai però era stata costituita una "Chiesa
nazionale", e veniva permesso ai vescovi, chiamati dal Vaticano per incontri,
di raggiungere Roma, sia pure senza allontanarsene, salvo particolari permessi
(come l'ottenni sia per un vescovo che celebrò a Chivasso, come
poi per altri tre che celebrarono a Chivasso, Castellamonte e Strambino):
Hochiminh, il padre dell'indipendenza (ed era in vista di questa che s'era
legato ai comunisti), aveva ammonito che non si devono mai separare i cattolici
dal Papa. Anche in seguito ho sempre portato con me canavesani (sacerdoti
e laici), compreso il Direttore del Centro Missionario, che avviò
un gemellaggio in particolare con un'istituzione per bambini minorati e
con Suore della Carità che operano in un reparto ospedaliero oncologico,
per l'assistenza ai malati più poveri.
Ho visitato (portando
i nostri modesti aiuti) queste opere, così come le Carmelitane di
Hochiminh (l'antica Saigon), legate al Carmelo di Savona, e tanti amici,
compresi gli Arcivescovi di Hochiminh, di Hué, di Hanoi. Ho anche
potuto partecipare ad una delle ordinazioni di nuovi vescovi (a quella
di Phan-tiet, invitato dall'amico vescovo), e visitare Than-Hoà,
partecipando anche alla festa onomastica del vescovo Bartolomeo, Segretario
della Conferenza Episcopale e grande amico. Questa volta, inviando alle
visite turistiche i compagni di viaggio (due canavesani e un giornalista
romano con la moglie), ho potuto prendere parte come osservatore a due
Convegni di Asiaurbs, un'iniziativa sponsorizzata dall'Europa e da Comuni
europei (Roschilde per la Danimarca e Ancona e Marzabotto per l'Italia),
impegnata ad Hué per la costruzione di un nuovo quartiere dove sistemare
gli abitanti delle baracche sorte ai margini dei monumenti che hanno fatto
proclamare dall'ONU l'antica città imperiale come uno dei tesori
dell'umanità, e ad Hanoi per l'aiuto ai ragazzi di strada di un
quartiere centrale della capitale.
Ho potuto celebrare
anche al Santuario nazionale di Lavang, distrutto dai bombardamenti americani
ma ancora luogo di grande devozione e sulla tomba dell'amico Arcivescovo
di Hué nella sua Cattedrale. Mi sono reso conto di come l'opinione
pubblica mondiale venga indirizzata a sottolineare i limiti di un controllo
governativo ancora evidente, mentre in realtà la vita religiosa,
se attenta a rispettare questi limiti, può svolgersi con una notevole
vitalità, manifestata ad esempio dalla partecipazione alle Messe
festive (frequentate dal 90% dei cattolici!) e dal fiorire di vocazioni
sacerdotali e religiose. Occorre certo ricucire l'unità anche della
Chiesa, svuotata al Nord dall'emigrazione dei cattolici verso il Sud e
provata dai successivi vent'anni di guerra, mentre al Sud ha goduto di
una maggiore libertà ed espansione, proprio partecipando al cammino
dell'indipendenza. Lo facevo presente all'Ufficio per gli Affari religiosi,
insistendo che è ormai tempo di riallacciare le relazioni diplomatiche
con la S. Sede, permettendo a questa di avere notizie più dirette
ed oggettive della situazione interna e di giungere a più rapide
e soddisfacenti consultazioni per la nomina dei vescovi.
Grazie a Dio penso
che anche questo viaggio - come sempre faticoso per il clima, gli spostamenti,
la difficoltà delle lingue - non sia stato inutile. Il Vietnam resta
un centro di attenzione, di preghiera, di solidarietà, anche per
tanti amici canavesani.
+ luigi bettazzi