Nei primi giorni di
luglio sono stati resi noti gli “orientamenti pastorali” della Cei, per
il primo decennio del nuovo millennio. Pubblicati sotto il titolo “Comunicare
il vangelo in un mondo che cambia” (CV), essi si collegano con la recente
lettera papale post-giubilare “Novo millennio ineunte”, di cui si presentano
come il primo tentativo di “recezione” nella Chiesa italiana.
E, sempre in tema di
“orientamenti pastorali”, è utile cogliere alcune interessanti convergenze
con i “Cinque pani e i due pesci”, in cui il nostro Vescovo ha raccolto
e proposto, nella Pasqua 2001, gli orientamenti per la diocesi eporediese.
Il testo Cei si apre
con una robusta riflessione su Gesù Cristo. Contemplare il volto
dell’Inviato del Padre vuol dire assicurarsi le coordinate fondamentali
in cui la Chiesa italiana è chiamata a svolgere la sua missione,
rintracciare modalità, stile e principi ispiratori di tale missione.
A proposito di questa, i Vescovi ravvisano la necessità di una revisione
in profondità, una vera e propria “conversione pastorale”, in vista
di una connotazione sempre più missionaria.
La prima condizione
richiesta è quella di discernere l’ “oggi di Dio” nell’ascolto della
cultura del nostro mondo (CV, n. 34), un ascolto che non dispensa, soggiungono
i Vescovi, dal proporre la “differenza del vangelo”. L’ascolto già
in atto - nel documento eporediese si parla di “accoglienza” (“Cinque pani
e due pesci”, n. 14) - porta a registrare luci ed ombre della società
italiana. Fra le prime, il desiderio di autenticità e di verità,
che non chiude lo sguardo sulla trascendenza, l’impegno della “prossimità”,
della solidarietà con chi soffre, l’attenzione alla questione ambientale...
Fra le ombre, l’analfabetismo religioso, l’attenuarsi del senso morale,
l’interruzione della trasmissione della memoria storica...
Nel tentativo di elaborare
un progetto aderente alla situazione italiana, i Vescovi disegnano due
livelli specifici in cui tale situazione può essere letta: quello
della comunità eucaristica, cioè dei fedeli che frequentano
assiduamente almeno la messa della domenica, e quello più ampio
e difficilmente delimitabile dei battezzati che hanno un rapporto sporadico
con la comunità. A delineare l’asse pastorale che unisce i due “livelli”
è dedicata la parte più consistente del documento Cei. Una
raccolta di suggerimenti, naturalmente, piuttosto che un progetto elaborato
nei dettagli. Possiamo, almeno, indicare le voci principali del lessico
dei Vescovi:
• Le occasioni “ufficiali”
- già collaudate ma sempre da ricrearsi - in cui le parrocchie incontrano
i fedeli più marginali (battesimi, prime comunioni);
• I momenti, anche
informali, di dialogo e di incontro;
• L’offerta di un “primo
annuncio” su cui innestare itinerari di iniziazione e di catecumenato;
• Le occasioni pubbliche
di dialogo culturale sui grandi temi della società e della vita
quotidiana.
Questo non sarà
il libro dei sogni, se le Chiese particolari sapranno accogliere quelle
“voci” in programmi omogenei e realizzabili, in cui l’obiettivo della missionarietà
sappia coniugarsi con un investimento in campo formativo, in vista di figure
e di ruoli - non solo dei preti ma dei laici, come è ricordato dal
documento Cei - ministeriali inediti. Ascolto e formazione, va ricordato
per inciso, sono anche i cardini su cui si va costruendo il piano pastorale
della nostra diocesi.
Né va dimenticato
che non ci sono due “evangelizzazioni” (per quelli dentro e quelli... fuori),
ma una sola missione evangelizzatrice (magari a più velocità
e con itinerari diversi) in cui la comunità che evangelizza è
colei che si lascia sempre di nuovo evangelizzare: “La parola che è
capace di farci apostoli, ci chiede innanzitutto di essere discepoli”,
ricordano i Vescovi (CV 47).
don piero agrano