«C’era una volta
una città con un castello, le cui mura crollavano ogni volta che
si tentava di erigerle... Un giorno un druido si alzò a dare un
consiglio al re: “Scava sotto le fondamenta!”. Fatto lo scavo, si scoprì,
sotto il castello, uno stagno. In esso c’erano due pietre e, sulle pietre,
due dragoni, in guerra fra di loro, uno bianco con una piuma ed uno rosso,
che brandiva una spada. Il drago rosso colpì a morte quello bianco.
Ma, nello stesso tempo, fu, a sua volta, colpito e spirò. Solo quando
spada e piuma diventarono “uno”, la città fu salva e le mura poterono
finalmente essere costruite e reggersi in piedi... Quando uccidi qualcuno,
insegna la storia, devi pensare che potrai essere ucciso...!».
A raccontare questa
favola, durante il forum delle associazioni e dei movimenti cattolici,
tenitosi a Genova il 7 luglio, in preparazione al G8, è un giovane
africano della Guinea Bissau, Filomeno Lopez.
L’apologo esprime una
delle richieste avanzate dalle voci del Sud del mondo, che si sono udite
nel teatro “Carlo Felice”: l’invito a scavare sotto le fondamenta dei fenomeni
della globalizzazione, per snidarne il feticcio, l’ “anima mercantile”
ancora dominante, che significa per i paesi in via di sviluppo un accresciuto
divario nei confronti dei ricchi e la scandalosa sperequazione nella distribuzione
dei benefici della stessa globalizzazione.
E così organizzazioni
di volontariato internazionale, movimenti ed associazioni cattoliche di
lunga tradizione (dall’Azione Cattolica all’Agesci, dalle Acli alla Comunità
di Sant’Egidio, a “Giovani per un mondo unito”, del Movimento dei Focolari...)
- una sessantina, nel variegato arcipelago del movimentismo cattolico,
con qualche assenza altrettanto significativa! - si sono dati appuntamento
a Genova, lo scorso sabato 7. Qualche migliaio di partecipanti, in larga
parte giovani, con una forte rappresentanza anche delle congregazioni missionarie.
Ad una lettura superficiale
potevano apparire come l’ “ala cattolica” del popolo di Seattle. In realtà,
il collegamento ideale più robusto portava a Tor Vergata, alle consegne
impegnative che il Papa ha fatto ai giovani nell’occasione della GMG 2000,
al ”non rassegnarsi” passivo davanti alle ingiustizie e alle gravi problematiche
non risolte.
L’imminente riunione
del G8 a Genova - si è fatto notare a più riprese - è
sicuramente un’opportunità preziosa per familiarizzare con problematiche
e realtà che abitualmente sentiamo lontane, non alla nostra portata,
e scoprire che c’entrano, eccome!, con la nostra vita quotidiana e con
il nostro futuro. In questi giorni sta crescendo interesse, fra la gente,
il desiderio di capire, al di là delle opinioni deformate o spassose
che circolano su di esso (un campionario delle quali è stato raccolto
in un esilarante servizio realizzato da Gianni Ippoliti, e da lui presentato
al forum, nelle vesti di simpatico guastafeste).
I fenomeni della globalizzazione,
lo si è sentito spesso ripetere, non vanno semplicemente demonizzati
o rifiutati - e qui il divario nei confronti dell’ala più intransigente
del popolo di Seattle è marcato - ma colti nella loro fondamentale
ambiguità e soprattutto messi a confronto con le drammatiche conseguenze:
accresciute e inguaribili povertà, un fossato sempre più
profondo fra Nord e Sud della terra, economie nazionali dei paesi poveri
strangolate dai debiti internazionali, emergenze ambientali ignorate...
“Un sistema di morte”, è stato definito, prodotto direttamente
o indirettamente dai fenomeni economico-commerciali che vanno sotto il
nome di globalizzazione.
Una globalizzazione
del genere non può non apparire, comunque, incompleta e gravida
di conseguenze: mette in circolazione merci, denaro, informazioni. Ma nello
stesso tempo emargina, impoverisce i vari Lazzari che, come ha ricordato
il Card. Tettamanzi, non si accontentano più di briciole, ma vogliono
pane ed ancor più desiderano stare a tavola con gli altri, a condividere
la gioia di vivere.
C’è comunque
un’altra globalizzazione, che ci sta davanti ed è inarrestabile.
La si avverte nelle conseguenze di scambi di conoscenze e di esperienze
sempre maggiori, nella rivendicazione “nuova” di una cittadinanza ormai
mondiale, nel sentirsi proiettati verso un futuro comune.
“Non abbiamo lo stesso
passato - ha ricordato ancora il giovane africano F. Lopez - ma avremo
sicuramente lo stesso futuro!”. Si tratta di stabilire quale futuro: se
insieme alla globalizzazione dei mercati e della finanza non si debba pensare,
al di là dei facili slogan, ad una globalizzazione della solidarietà.
Il forum di Genova
ha, comunque, rivelato un’attenzione diffusa da parte del variegato mondo
giovanile, di area cattolica, a queste problematiche, lo sforzo di suggerire
o elaborare alcune soluzioni, ancorché parziali - si pensi alla
Tobin tax - il desiderio di mettere in circuito le risorse e le esperienze
che si stanno accumulando nella vasta area del volontariato internazionale.
Di qui il grosso valore simbolico del “manifesto” consegnato all’ambasciatore
Vattani, di cui il “Risveglio” ha già fornito il testo. Un testo
che vale la pena di riprendere in mano.
don piero agrano