ACIREALE - "Il convenire,
il ritrovarsi, è elemento essenziale del discepolo del Signore.
Ne è espressione massima e sorgiva la celebrazione eucaristica;
lo sono, come derivazione, le tante altre forme nelle quali si manifesta
la comunità cristiana". Proprio espressione di questo essere insieme
come comunità di discepoli del Signore è stato il Convegno
annuale delle Caritas diocesane, tenutosi per tre giorni ad Acireale nelle
scorse settimane. Un "sedersi" (e non solo metaforico!) per tre giorni,
per poi ricominciare a camminare, avendo costruito e rafforzato legami,
avendo scoperto prospettive nuove al proprio impegno, avendo rafforzato
le motivazioni. Che sono, senza enfasi, come ha ben detto don Vittorio
Nozza, nuovo direttore di Caritas italiana al posto di don Elvio Damoli,
"la risposta ad un Signore che sta alla porta del nostro cuore, delle nostre
comunità, e attende - come i poveri - che qualcuno risponda al suo
bussare discreto e insistente".
Quali gli elementi
che hanno caratterizzato il Convegno 2001? Certo quelli comuni ai molti
tenutisi negli scorsi anni. La gioia del convenire, innanzitutto: dalla
diocesi grande e da quella piccola, dai luoghi delle emergenze e da quelli
della quotidianità, dal nord e dal sud. In cinquecento: uomini e
donne, giovani e non, clero e laici. Accolti dalla terra di Sicilia con
calore ed amicizia grandi, uniti dalla tranquilla gioia del camminare insieme
e dal desiderio di raccogliere una delle più belle sfide lanciate
dal Papa all'inizio del terzo millennio: quella ad "una nuova fantasia
della carità, che si dispieghi non tanto e non solo nell'efficacia
dei servizi prestati, ma nella capacità di farsi vicini, solidali
con chi soffre …" (NMI n.50)
Secondo elemento, il
riferimento costante alla Parola di Dio, letta, meditata, approfondita
in momenti intensi di lectio divina e nella quotidiana, gioiosa celebrazione
eucaristica. Paradigma del quotidiano riferirsi alla scuola dell'Incarnazione
di tante persone orientate a rendere meno pesante la giornata del povero,
a rendere più evangelico il volto della Chiesa.
Ma al di là
di questi atteggiamenti di fondo che hanno accompagnato i tre giorni,
ogni relazione, ogni lavoro di gruppo sono stati improntati a grande concretezza:
il farsi carne chiede di collocarsi, di anno in anno, in un punto
preciso della storia, guardandone gli eventi "dal basso, dalla prospettiva
degli esclusi, dei maltrattati, degli impotenti, degli oppressi e dei derisi,
in una parola, dei sofferenti" (D. Bonhoeffer).
Il percorso è
stato scandito dai tre verbi che comparivano nel titolo del convegno: ascoltare,
osservare, discernere. Essi rimandano alle realtà, diffuse in diversa
misura sul territorio nazionale, dei Centri di ascolto, degli Osservatori
dei bisogni e delle tante iniziative con cui la Caritas contribuisce alla
formulazione di politiche sociali che assicurino diritti, tutela e dignità
a tutti i cittadini, e in primo luogo ai più poveri.
Ma ascolto, osservazione
e discernimento non sono tanto riducibili a luoghi e strutture, quanto
piuttosto stanno ad indicare una precisa metodologia dei centri e
degli operatori Caritas, ispirata da un lato a sensibilità e passione
per i poveri, la comunità e il territorio; da un altro all'obbiettivo
di far crescere nelle comunità parrocchiali, e nell'esperienza di
tutta la Chiesa, sentimenti e comportamenti che svelino al mondo di oggi
lo sguardo carico di affetto di Gesù sul mondo, la sua preoccupazione
nel tendere l'orecchio ai concretissimi bisogni della gente, il suo sconvolgente
e spesso scomodo annuncio di una logica che mette al primo posto il povero.
Che cosa ci viene dunque
chiesto, come cristiani prima ancora che come Caritas? Di agire profeticamente:
in un clima che esalta il successo a tutti i costi e il benessere dell'individuo
spesso svincolato da un'ottica sociale, c'è bisogno di profeti che
risveglino coscienze ed intelligenze a vigilare su impostazioni di intrinseca
ingiustizia e a lottare contro di esse. Di sensibilizzare persone ed ambienti
a vivere concretamente la carità verso chi è nel bisogno,
e a costruire, insieme alle istituzioni e agli uomini di buona volontà,
una società che faccia della lotta all'esclusione il suo principale
obiettivo.
Ognuno di coloro che
hanno partecipato al convegno è ritornato alla sua casa, al suo
gruppo, al suo territorio con tante canzoni nel cuore, con tanto desiderio
di aderire sempre di più al messaggio del Vangelo di Gesù
e con la "Bisaccia del buon samaritano" contenente due bottigliette, una
di olio e una di vino. Prodotti nelle terre siciliane recuperate alla legalità
dallo Stato, a opera di giovani usciti dalla trappola della droga, sono
stati il bellissimo dono delle Caritas siciliane, con l'invito a tutti
e ciascuno a saper versare sulle ferite di ogni uomo piagato nel corpo
e nello spirito l'olio della consolazione e il vino della speranza.
gruppo diocesano caritas