La G.I.A.C. (Gioventù
Italiana di Azione Cattolica) ha sempre avuto, sin dalla sua fondazione,
un'attenzione particolare verso i ragazzi, soprattutto nella fascia di
età compresa fra i 10 e i 14 anni e che, nell'organizzazione, venivano
chiamati "Aspiranti". C'era consapevolezza che è un'età molto
complessa nella quale si sviluppano i primi segni di autonomia rispetto
alla famiglia e di apertura verso un mondo tutto da esplorare fatto di
incontri, di amicizie, di impegni, di scelte. Per questo la G.I.A.C. aveva
cura di creare un clima di serenità nelle associazioni parrocchiali,
organizzava raduni, diffondeva un giornalino (il mitico "Vittorioso"),
apriva case per ferie nelle quali, durante il periodo estivo, i ragazzi
potevano giocare e divertirsi, ma anche imparare a vivere in comunità,
a scoprire valori certi e duraturi.
Anche la nostra Diocesi
seguiva questo programma. Il primo tentativo di Casa Alpina ebbe luogo
a Ceresole. Da pochi mesi era terminata la guerra e risultava molto faticoso
tornare alla normalità. La vita, nella "colonia" di Ceresole era
condotta in modo davvero spartano: il trasporto dei ragazzi veniva fatto
su un camion, il letto era costituito da un po' di paglia sparsa sul pavimento,
i pasti erano serviti nelle gavette (uso militare) e all'aperto. Sono condizioni
oggi assolutamente impensabili; eppure anche allora i giovani e gli animatori
trovavano modo di vivere alcuni giorni in serenità e amicizia.
La seconda esperienza
è stata una casa ad Extrepieraz, nella valle di Ayas. Voluta e seguita
in prima persona da Don Ernesto Tapparo, che era stato nominato assistente
ecclesiastico della Gioventù Cattolica Diocesana, ha permesso di
ospitare un maggior numero di ragazzi, ma ha pure rivelato una notevole
inadeguatezza rispetto alle domande che continuavano a giungere al Centro
Diocesano. Per questo motivo don Ernesto, insieme al Presidente della G.I.A.C.
di quei tempi, Giorgio Cavallo, pur non rinunciando ad Extrepieraz, incominciarono
una sistematica battuta di tutta la valle di Gressoney, alla ricerca di
un edificio più funzionale, più comodo e che potesse ospitare
un maggior numero di ragazzi. Quando ormai le speranze si erano affievolite,
improvvisamente e quasi miracolosamente il parroco di Gressoney St. Jean,
comunicava che nella piana davanti al castello della Regina era in vendita
una casa. Era una villa molto bella di proprietà di una importante
famiglia di Firenze. Il costo non sembrava neanche eccessivo, ma per un
centro diocesano che era già in passivo per l'acquisto di un'auto,
questa nuova spesa poteva sembrare un'avventura. Ma allora eravamo tutti
giovani e i giovani sono per natura avventurosi; poi ci fidavamo della
Provvidenza che ci indicava la strada facendoci incontrare alcuni personaggi
di Ivrea, esperti nel commercio e di provata onestà, che ci incitavano
a firmare senza esitazione il contratto, garantendo per noi di fronte alle
giuste perplessità del vescovo Mons. Rostagno. Allora don Tapparo
partì rapidamente per Firenze e ritornò con il compromesso
di vendita stipulato. Era l'anno 1950; nasceva la Casa Alpina intitolata
a Gino Pistoni proprio nella Valle di Gressoney che aveva raccolto il suo
ultimo respiro e il suo testamento spirituale.
Quella casa che era
una splendida dimora per una famiglia doveva però essere trasformata,
per renderla in grado di ospitare decine di ragazzi con una gran voglia
di giocare, all'aperto nei giorni sereni e al chiuso nei giorni piovosi.
Ed anche questo secondo miracolo si è compiuto: il 1° luglio
del 1951 mons. Rostagno, circondato da autorità religiose e civili
di Ivrea e Gressoney, inaugurava con la sua benedizione la nuova casa che
poteva ospitare 50 ragazzi, 10 pensionati e 10 altre persone tra animatori
e personale di servizio.
Da quel giorno la vita
della "Gino Pistoni" si è sviluppata senza sosta. Sono stati necessari
altri ampliamenti per renderla più capiente, altri adeguamenti per
renderla più sicura e confortevole. Migliaia di giovani vi hanno
soggiornato più o meno a lungo e se ancora oggi, dopo 50 anni, costituisce
un richiamo per molti, vuol dire che il sogno dei Dirigenti della G.I.A.C.
di quel tempo si è avverato.
piero morello