Che la crisi della famiglia
sia in atto da lungo tempo è un fatto noto, e non solo attraverso
i mass-media, d’altra parte la difficoltà nell’ambito delle relazioni
interpersonali ha investito ogni aspetto del vivere civile, per cui non
stupisce che sia stato coinvolto pesantemente il nucleo familiare in cui
le relazioni sono al centro dei rapporti tra le persone, anche se i sentimenti
dovrebbero costituire un argine al problema. Ma l’ambiente, le trasformazioni
sociali e soprattutto quelle del costume, hanno messo a dura prova questa
istituzione, in crisi perché i modelli di riferimento tradizionali
non funzionano più ed è ancora in fase di ricerca di nuovi
più rispondenti alle esigenze.
Questo tema “Matrimoni,
separazioni e divorzi dal 1990 al 2000” è stato oggetto di un dibattito,
promosso dall’Associazione per la Consulenza Familiare Onlus - Consultorio
Familiare di Ivrea, che si è svolto il 25 maggio in sala Santa Marta,
in cui sono stati presentati i risultati di un’indagine condotta, in collaborazione
con il Tribunale del capoluogo canavesano, nell’ambito dei 98 comuni che
costituivano il comprensorio di sua competenza.
Alberto Pichi, presidente
dell’Associazione Consulenza Familiare, nella relazione introduttiva ha
illustrato i ponderosi dati emersi dagli oltre 3000 fascicoli processuali
esaminati allo scopo di “aprire una finestra sul mondo per capirlo innanzitutto,
e per tentare di farlo funzionare meglio”.
I primi elementi hanno
evidenziato una diminuzione della popolazione di circa 2000 unità
nel comprensorio, che raggiunge, per la sola Ivrea e cintura, una perdita
secca di 1400 persone.
Si è quindi
verificato un sostanziale cambiamento nella composizione della popolazione
nel decennio considerato che, a fronte di un saldo negativo delle nascite,
ha fatto emergere l’età più anziana della popolazione. E
ciò influuisce inevitabilmente sui risultati dell’indagine.
Sulla base di questo
elemento, ed anche in sintonia con la tendenza a livello nazionale, i matrimoni
celebrati nel periodo di osservazione sono diminuiti.
“Dei circa 100 matrimoni
in meno all’anno registrati nel comprensorio - ha proseguito Pichi - 50
riguardano Ivrea e cintura. Dai 175 matrimoni celebrati nel 1990 si è
scesi ai 123 nel 1999”.
Analizzando l’indice
dei matrimoni, la ricerca ha verificato il modello del rito. Pur mancando
i riferimenti nazionali per fare un raffronto, la sensazione ricavata fa
ritenere che nel Canavese i matrimoni civili siano stati più numerosi
rispetto alla media nazionale e soprattutto si siano concentrati nel capoluogo.
55 sono stati i matrimoni civili celebrati nel 99 a fronte dei 46 con il
rito religioso.
Nel ‘98 il quotidiano
La Stampa aveva richiamato l’attenzione su questo problema in un articolo
in cui aveva riportato alcuni dati: l’incidenza della separazione era di
un abitante su mille. Nello stesso periodo nel comprensorio di Ivrea il
fenomeno aveva assunto dimensioni maggiori rispetto alla media nazionale
raggiungendo il 3% e per Ivrea il 4,8%. Speculare al tema del matrimonio
è quello della separazione.
Dati molto interessanti
riguardano l’istituto del divorzio che appare in netta diminuzione per
evidenti ragioni legate sia ai costi e sia a una minore propensione di
coloro che sono già stati sposati a convolare a nuove nozze.
Ritornando al tema
della separazione l’indagine ha mostrato una maggiore propensione per la
separazione consensuale rispetto a quella giudiziale. Su questo specifico
aspetto il Presidente del Tribunale del capoluogo canavesano, Luigi Grimaldi,
ha riferito che la decisione di apparente civiltà nasconde in realtà
la maggiore economicità della scelta poiché essa non richiede
l’intervento dell’avvocato.
Il relatore, Alberto
Pichi, avviandosi alla conclusione, ha voluto rispondere ad alcuni interrogativi
che l’indagine aveva sollevato. Il modello di matrimonio, cioè la
scelta di quello religioso rispetto a quello civile, ha inciso sulla separazione?
Non sembrerebbe. I
dati infatti hanno evidenziato che su 100 separazioni il 20% proviene da
matrimonio civile, l’80% da quelli religiosi.
Rilevante è
poi il numero delle coppie che non hanno raggiunto i tre anni di matrimonio;
la media raffrontata con il nostro territorio è senz’altro più
elevata, 13 anni, ma non è tale da garantire la stabilità
per il futuro.
L’elemento che facilita
nella scelta della separazione è senz’altro la mancanza di figli,
anche se non è infrequente il caso di coniugi con prole che si separano
dopo trent’anni di matrimonio.
All’esposizione dei
dati sono seguiti i commenti di chi, nella nostra città, riveste
principali ruoli di responsabilità.
Il sindaco, Fiorenzo
Grijuela, il Presidente del Tribunale, Luigi Grimaldi, il Vescovo mons.
Arrigo Miglio. Uno dei primi interrogativi su cui, a parere di Grijuela,
ci si dovrebbe concentrare è su quanto abbia inciso la crisi economica
locale nel rendere la situazione di Ivrea un po’ anomala rispetto alla
media nazionale. In generale però i problemi che riguardano la crisi
dell’istituto matrimoniale della famiglia sono da ricondursi “a gravi deficienze
della società in cui viviamo in cui manca capacità di confronto
e dialogo e a una cultura della famiglia che sappia interpretare la trasformazione
dei ruoli dei suoi membri”. E qui merita fare un’osservazione: in molti
interventi è stato posto l’accento sul cambiamento di ruolo della
donna come una delle ragioni per cui le separazioni sono oggi più
frequenti, nulla si è detto invece sull’uomo. Anche la mancanza
di un’evoluzione del ruolo maschile all’interno della coppia e nell’ambito
della famiglia può avere la stessa portata.
A sua volta il Presidente
del Tribunale ha insistito sulla scarsa tolleranza, come una delle ragioni
che ha indotto più facilmente alla separazione. Riferendosi poi
alla cornice normativa, entro cui è inquadrata la materia, ne ha
rilevato alcune carenze di fondo. Il nostro ordinamento tratta il matrimonio
come un contratto che stabilisce diritti e doveri reciproci dei coniugi
e nei confronti dei figli. Esso però non parla dell’amore coniugale
che dovrebbe essere alla base del matrimonio.
Sulla scorta della
sua ricca esperienza, Grimaldi ha voluto dedicare un’attenzione particolare
ad un capitolo poco conosciuto nel quadro delle separazioni, quello delle
coppie anziane. A differenza di quelle giovanissime, che affrontano con
incoscienza la fine del matrimonio e che per lo più si rifanno una
vita, le coppie anziane offrono un quadro di solitudine e quindi di tristezza
anche perché dietro la loro separazione c’è sempre molto
travaglio.
Anche riferendosi a
questa esperienza ha ricordato il ruolo che potrebbero avere nei momenti
di difficoltà e di crisi, istituzioni di mediazione familiare, volti
a sostenere le coppie nel loro percorso e orientare nelle scelte.
Al Vescovo di Ivrea
è toccato chiudere la serie degli interventi dei principali responsabili
della comunità locale. L’andamento di matrimoni, separazioni e divorzi
nell’ultimo decennio, mette in luce alcuni problemi nodali che riguardano
indistintamente la comunità cristiana e quella civile.
1. Prioritaria è
la crisi in cui è entrato il concetto di famiglia all’interno della
cultura odierna per cui si rende necessario ricreare la sua credibilità.
2. La difficoltà
di proporre ai giovani di oggi impegni a lungo termine o addirittura a
vita. Questo problema investe tutte le vocazioni.
3. La Chiesa vuole
vedere soprattutto famiglie felici e stabili. La proposta del matrimonio
cristiano necessita di un linguaggio adeguato al nostro tempo.
Quando si sancisce
che due coniugi debbono amarsi che cosa significa? Fedeltà, indissolubilità
dicono ancora qualche cosa? E’ necessario quindi che la proposta evangelica
del matrimonio entri in relazione con la cultura contemporanea.
4. La solitudine della
coppia quando essa entra in crisi e quando ha delle difficoltà con
i figli. In queste circostanze la comunità cristiana sembra latitare.
Il vescovo ha poi invitato
ad utilizzare l’apporto delle scienze umane, in particolare della psicologia
e dell’antropologia, per la conoscenza approfondita della realtà
umana attuale e per l’elaborazione della proposta del matrimonio cristiano.
Infatti, come è
stato giustamente rilevato in uno degli interventi al dibattito, il vero
problema non sono le separazioni, ma i matrimoni.
Quindi il matrimonio,
come convivenza e rete di rapporti interpersonali, andrebbe inserito nei
nuovi disagi che segnano la nostra società, e pertanto fatto oggetto
di studio e di specifica attenzione. Ciò nonostante l’aspetto patologico
che può manifestarsi, non deve oscurare la natura sana di questo
rapporto. La società ha però il compito di fornire una preparazione
adeguata e un sostegno nei momenti difficili nel quadro della più
generale educazione degli individui alla responsabilità, al dialogo
e alla tolleranza.
luisa marucco