CHIVASSO - E’ esemplare
per la decorazione gotica in cotto applicata all’architettura, in Canavese,
la facciata di Santa Maria Assunta a Chivasso, messa in opera intorno alla
metà del Quattrocento.
La sua articolazione
è riconducibile all’inserimento entro una ghimberga maggiore, che
si sviluppa fino alla sommità del tetto, stretta ai lati dai montanti
con i Patriarchi, di un portale anch’esso sormontato da ghimberga, il cui
vertice interseca un ampio oculo.
L’utilizzo di figure
a grandezza naturale dà vita al prospetto: tra baldacchini e pinnacoli
traforati, vi emerge il tipo del vegliardo barbato, severo, con rotulo.
Il volto inclinato,
per quanto talora corroso, segnato dall’arcata sopracciliare a rilievo
che genera ombra, lo dice perso in una sua visione interiore, imparentandolo
agli esiti della coeva ceramica lombarda.
Data l’ambiguità
del linguaggio gotico, ci troviamo di fronte però ad una presenza
inquieta: infatti, i Patriarchi chivassesi, dall’aria arcigna alla Michelino
da Besozzo, stretti nelle spalle, gli occhi socchiusi, confidano il loro
messaggio cristologico soltanto ai caratteri indecifrabili che ornano i
bordi delle loro vesti e dei loro lunghi manti.
La costruzione della
fabbrica della nuova chiesa Collegiata di S. Maria Assunta di Chivasso
s’è prolungata nel tempo: dall’inizio (1415) voluta da Teodoro di
Monferrato, insieme alla Credenza, all’intervento del vescovo d’Ivrea,
Giacomo de Pomariis, come intermediario finanziario, quando subentrarono
i fratelli Isola, e alla consacrazione (1429), ma in uno stato d’avanzamento
dei lavori ancora provvisorio.
Il cantiere perciò
rimase aperto a lungo: il campanile, per esempio, venne innalzato soltanto
fra il 1450 e il 1486.
Per quanto attiene
alla facciata in cotto, che qui più ci interessa, la sequenza baldacchino
- statua - guglia e la curvatura delle figure lungo le membrature del portale
possono così rimandare a soluzioni significative della decorazione
plastica lombarda più aggiornata.
Inoltre, molto accurato
era in origine il congegno fittile delle formelle che accompagnava, con
il suo slancio in verticale, i personaggi biblici, disposti a due a due,
alternando motivi a nastro spiraliforme ad altri a tortiglione, con una
profusione di rami, foglie e classici putti sorridenti.
In tale ricco contesto
culturale, andrà anche citato l’angelo reggente il monogramma bernardiniano,
tra gli aculei, al vertice dell’edificio sacro.
Mediante la realizzazione
della nuova compagine architettonica, comportante un riassetto dell’intorno
urbano, la Chivasso paleologa acquisì una vasta area d’intento scenografico,
perché visivamente comunicante con il castello e, più lontano,
con le colline lambite dai corsi d’acqua.
La purezza del decoro
trecentesco s’incontra, invece, nel S. Francesco di Rivarolo, dove nel
chiostro, in particolare, l’applicazione di candidi intonaci su un parametro
murario “povero” e l’impiego di fregi in cotto declinano una raffinata
policromia, giocata sull’accostamento coloristico rosso-bianco.
A contrasto, il gotico
“fiorito” trionfa nell’apparato di cornici per le ampie aperture finestrate
del S. Giorgio al Castello di Valperga, specialmente sul fianco meridionale,
lungo il sentiero che sale al santuario di Belmonte.
L’ornato architettonico,
in specie da noi quello in argilla, demonizzato dai moderni, incorrendo
nella loro ira, svolse per contro in età medievale un ruolo importante,
perché conferì un tocco di grazia ai monumenti, come è
avvenuto con piena evidenza sulla facciata in cotto di Chivasso; ossia,
ha abbinato alla struttura laterizia, al corpo di solito in semplici mattoni,
una veste finemente intessuta di valori tattili e chiaroscurali.
aldo moretto