IVREA - Quando a novembre
don Fortunato annunciò l’intenzione di chiudere l’attività
di Telefono Arcobaleno ricevette tremila lettere da bambini, come quelli
di Piverone, che lo esortavano a continuare, e questo lo convinse a riprendere:
non aiuti o garanzie ricevute. Il nemico principale da combattere è
l’indifferenza e l’incredulità: la gente non crede a quanto denuncia
d. Fortunato, neppure davanti all’evidenza. Dell’esistenza dei pedofili
si sa, ma ciò che sconvolge è che ci siano vere “associazioni”
o “lobby” pro pedofili, 15 solo in Italia, che si incontrano su Internet
e fanno progetti particolareggiati per diffondere una corrente di pensiero,
una cultura che consideri la pedofilia legittima, innocua, una espressione
come altre di esprimere la propria personalità. Ci sono montagne
di libri e riviste per questo. Un vero e proprio mercato internazionale,
lucrosissimo, esercitato dai “pedofili patrimoniali”, cioè quelli
che guadagnano sulla pedofilia, senza esercitarla loro stessi.
Se n’è parlato
in autunno, abbastanza, poi come spesso succede, altre notizie, altre storie
si sono accavallate e non ne abbiamo saputo più nulla. Ora don Fortunato
di Noto, parroco di Avola, nel Siracusano, e fondatore di “Telefono Arcobaleno”,
è venuto a Ivrea, invitato dal Parlamentino della Media di Piverone
e dal “Risveglio”; lunedì 23 mattina ha parlato nell’aula magna
dell’Istituto Cena, a ragazzi, insegnanti, genitori, giornalisti, educatori.
Un incontro inquietante. Con un linguaggio semplice, ma preciso, delicato
ove occorreva, ma rigoroso, con la figura massiccia e bonaria, trasudante
umanità e calore, d. Fortunato ha parlato di come è nato
Telefono Arcobaleno, della sua esperienza a contatto con i bambini tristi,
soli, indifesi della sua parrocchia di quartiere povero e di come la sua
attività si sia sviluppata con l’uso di Internet a caccia di pedofili.
Internet non è il diavolo; sapendolo usare è anche salvezza.
Attraverso questo mezzo don Fortunato ha smascherato e denunciato 32 mila
siti pedofili in sei anni in tutto il mondo (certo oggi lui non può
andare in Brasile o in Spagna o in altri luoghi senza pericolo di vita!
e anche in italia riceve continuamente minacce di morte).
Ai ragazzi don Fortunato
raccomanda di farsi protagonisti, di esercitare i loro diritti e i loro
doveri, quelli elencati dalla Carta dei Diritti dell’Infanzia sancita dall’Onu
nell’89, di farsi sentire; agli adulti raccomanda di rispettare questa
Carta e soprattutto di ascoltare i ragazzi che hanno bisogno di colloquio
con i grandi più che di beni materiali. E non chiamarli più
“minori”: minori di chi? Dobbiamo stare con i bambini e ricordarsi della
nostra infanzia. Don Fortunato non fa nulla senza sentire l’opinione dei
ragazzi; anche nella vita parrocchiale, anche nella preparazione dell’omelia.
In due anni ha contato 9 mila telefonate al Telefono Arcobaleno, la maggior
parte di bambini o ragazzi che si sentivano soli.
Un ultimo invito rivolto
agli adulti: parlare ai bambini della pedofilia e dei suoi pericoli, senza
allarmarli, ma mettendoli in guardia. Telefono Arcobaleno ha prodotto parecchio
materiale rivolto proprio ai bambini su questo argomento.
A conclusione dell’incontro
don Fortunato si è intrattenuto con i ragazzi del Parlamentino di
Piverone, che gli hanno consegnato un loro documento. In precedenza c’era
stato anche un saluto e un breve intervento di mons. Arrigo Miglio, che
ha esortato non solo a conoscere l’entità del fenomeno pedofilia,
ma anche a cercarne le cause, per poterle combattere. Cause che lui individua
in due gruppi: la cultura della sessualità, quale oggi si è
sviluppata, e la cultura del bambino, trattato come oggetto (di guadagno,
di piacere, di soddisfazione egoistica) non come soggetto di diritti.
liliana curzio