Come hai trovato la
situazione in Brasile?
E' la prima domanda
che sempre mi viene rivolta, al rientro da uno dei miei, ormai tanti, viaggi
in terra brasiliana. Ma è una domanda a cui non mi è facile
rispondere: le "nostre" missioni non sono tutto il Brasile, anche se l'incontro
con i missionari, con la gente del posto, ciò che si vede, si legge
sui giornali locali e si sente lungo le strade, i vari progetti di collaborazione
e di sviluppo, possono dare qualche impressione.
E poi, è un
territorio talmente vasto che si può dire esista più di un
Brasile, con una varietà molto grande di problemi e di risorse.
Ma almeno qualche impressione
provo a confidarla.
Da come vive la maggior
parte delle persone, direi che da 10 anni a questa parte le condizioni
sociali sono cambiate in peggio: sembra di essere di fronte a un processo
cronico di impoverimento.
L'apertura economica
nel nome della globalizzazione, la caduta dei prezzi internazionali dei
suoi prodotti principali di esportazione, le crisi finanziarie che, in
pochi anni, hanno dimezzato il valore della moneta locale nei confronti
del dollaro, hanno fatto sfumare progressivamente le possibilità
che molti raggiungessero un livello di vita, degno di un essere umano.
La sicurezza individuale
e collettiva è sempre più precaria; anche la sicurezza fisica.
Sulle prime pagine dei giornali locali, ogni giorno leggevo notizie e denunce
di atti criminali, anche gravi, come assalti agli autobus, rapine a turisti,
sequestri. I livelli europei, a tal proposito, sono quasi tollerabili.
Mi è parso di
cogliere tra la gente comune un senso di sfiducia e di "stanchezza".
Ho avuto conferma di
questa impressione da fratel Arturo Paoli, al quale ho chiesto anche qual
è il ruolo della Chiesa brasiliana in questo momento, quale cammino
sta facendo, quali proposte suggerisce. E lui, che conosce bene la Chiesa
brasiliana e non ha paura di denunciare quelli che sono i lati oscuri della
"sua" Chiesa, come pure le contraddizioni della Chiesa romana, mi ha raccontato
le novità, le speranze, le sfide che stanno fermentando all'interno
delle comunità ecclesiali.
Comincio dalle ombre..
Tra i cristiani si
respira più un'aria di rimpianto per il passato, che di gioia per
il presente. Per la Chiesa del Brasile c'è stata una stagione
di grande ottimismo, la stagione della teologia della liberazione, dell'opposizione
alla dittatura militare, durante la quale ha avuto il ruolo profetico di
denunciare le violenze e le ingiustizie del potere e di mettersi
al fianco del popolo oppresso e sofferente. Oggi la Chiesa ha davanti a
sé lo spettacolo delle Sette, che sono in piena espansione, mentre
essa sta perdendo terreno.
Tra i cristiani si
respira anche un'aria di vittimismo: "Siamo vittime della storia! Prima
dei portoghesi, poi dell'imperialismo nordamericano, ora del Fondo Monetario
Internazionale e della Banca Mondiale". Ma il futuro non si costruisce
sulle lamentele. Non posso andare a trovare un malato e dirgli: "La tua
faccia ha un brutto aspetto: ho l'impressione che ieri tu stessi meglio:
non so quante speranze ti possono dare i medici".
Perché in questo
momento in Brasile c'è un'esplosione di entusiasmo per padre Marcelo
che riesce a riunire milioni di persone, far alzare loro le mani verso
il cielo, farle cantare e danzare? Perché il popolo brasiliano è
un popolo estroverso, allegro, che crede nella festa e non nelle lamentele;
un popolo, stanco di piagnistei.
In questo momento la
Chiesa brasiliana è impegnata in due grandi sfide in ambito sociale:
la denuncia del debito estero e il sostegno dei "sem terra". Per quanto
riguarda il debito estero, la Conferenza Episcopale Brasiliana ha organizzato,
non a caso proprio il 7 settembre che è il "giorno della patria",
una consultazione popolare per convincere sia gli organismi pertinenti
sia la gente, che si tratta di una tragedia: nessun Paese al mondo può
permettersi di destinare quasi la metà delle sue entrate per pagare
gli interessi del debito, contratto con USA e altre Potenze, a partire
dal 1956, anno d'inizio della costruzione di Brasilia, e aggravato nei
decenni successivi, con spese folli e una quantità di investimenti
a beneficio di chi già aveva ricchezza e potere. Non è giusto
che ci sia qualcuno che fa il debito e poi lo fa pagare alla povera gente
e la strozza.
E adesso, sotto la
guida di Dom Tomas Balduino, Vescovo e presidente della Commissione Pastorale
della terra, si sta promovendo un'altra mobilitazione, con una raccolta
di firme, per una modifica della Costituzione, che limiti la proprietà
della terra. In Brasile non si fa la riforma agraria, con la scusa, ovviamente
falsa, che non c'è terra disponibile, in quanto è tutta
proprietà privata, non soggetta a espropriazione. E così
milioni di contadini non hanno terra da coltivare.
La vera "forza profetica"
della Chiesa brasiliana, quella che sostiene le sue lotte sociali, sta
nella Bibbia. Le comunità cristiane in Brasile sono coscienti che
Dio parla nella storia concreta di ogni persona e di ogni popolo. E' la
vita quotidiana il luogo e il momento in cui Dio aiuta i suoi figli, specialmente
i più poveri, a trovare delle risposte ai problemi; li aiuta a impegnarsi
per chi soffre; li spinge a celebrare le gioie e le sofferenze della vita.
Il momento della celebrazione
è fondamentale per le comunità. A Volta Redonda, dove lavora
Padre Nanni Fantini, abbiamo celebrato una Messa (era di martedì,
non di domenica!), a cui partecipavano non meno di mille persone, in un
ambiente che ne poteva contenere meno della metà, con un caldo soffocante:
una celebrazione che non sembrava avere mai fine, trascinante, animata,
al termine della quale i laici responsabili dei trenta settori della pastorale
hanno presentato le loro attività e i loro progetti. Dalle parole
di quelle persone, semplici, di tutte le età, per nulla "imbarazzate",
ho capito l'importanza dei laici nella comunità e ho capito anche
il ruolo della Chiesa nella società: la Chiesa ha sì il dovere
di denunciare, ma soprattutto ha il dovere di annunciare la speranza.
Lo sta facendo in Brasile,
dove invita 160 milioni di persone a non battersi soltanto il petto, per
piangere sui mali del passato o sui limiti del presente; ma a guardare
avanti, a creare progetti e spazi da protagonisti, a dimostrare concretamente
di credere nella risurrezione.
Lo faceva agli inizi,
quando l'Impero Romano si stava sfasciando: quando lo farà anche
da noi?
don gianni