Don Roberto, la gioia di essere ordinato sacerdote
PONT - Incontriamo Don Roberto Lucchini a pochi giorni dalla sua
Ordinazione.
Iniziamo affrontando un tema che può sembrare ovvio, ma senz’altro
chiarificatore per molti. Che cosa ti ha spinto a seguire la strada del
sacerdozio? “La strada del sacerdozio è la risposta ad una chiamata
ben precisa. Lo stesso Vangelo di Giovanni - scelto per altro per la Liturgia
di Ordinturgia di Ordinazione - ce lo ricorda: “Non siete voi che avete
scelto me, ma Io ho scelto voi e vi ho costituito perché andiate
e portiate frutto’’. Questo implica grande impegno, innanzitutto in un
cammino di discernimento e verifica, per poter affrontare i momenti di
crisi, aiutati comunque da Colui che ci ha chiamati e che non ci lascia
mai soli’’.
pienezza umana che si consuma nella scelta del sacerdozio è
segno dell’Alleanza che il Signore stipula con noi per il servizio dei
fratelli e la salvezza degli uomini’’.
E più in concreto, che senso può avere il ministero sacerdotale
oggi? “Io credo che oggi ci siano infiniti modi per esercitare il servizio
ai fratelli, e questo è un aiuto per meglio identificare le situazioni
di reale bisogno. Il sacerdozio ministeriale però va ben oltre:
è il segno di una vita ricevuta da Dio e ridonata a Dio stesso ed
a Dio solo, seguendolo sulla via di Gesù povero, obbediente e casto.
In questo senso, anche il celibato sacerdotale diventa il modo per essere
sacerdote al cento per cento, unica proprietà di Dio, non solo con
la finalità della salvezza personale, ma per meglio amare i fratelli,
perché si è amati prima di tutto da Dio’’.
A tuo avattuale, il sacerdozio è una parola che interpella sui
veri valori della vita’’.
A tuo avviso, che valore dovrebbe assumere questo segno di cui hai
parlato nella vita di un giovane? Dovrebbe aiutarlo solamente nella scelta
vocazionale fra vita consacrata o laicale od essere un motivo di riflessione
più totalitario? “Sono convinto che tutti noi siamo chiamati, prima
di tutto alla vita ed alla salvezza, in un individuale cammino di santità.
Anche il vivere in modo onesto e fedele la vita matrimoniale è percorrere
questa via di risposta alla chiamata. Il sacerdote come ministro di Dio
ha il compito di richiamare a tutti, ed ai giovani in particolare, la persona
di Cristo. Lo stile di preghiera, di ascolto, di condivisione che caratterizza
la vita del sacerdote è già un segno che testimonia come
egli non agisca a nome proprio, ma a nome della Chiesa, la quale a sua
volta agisce a nome di Cristo. Ab-biamo bisogno più che mai di distinguere
due identità e dignità ben diverse: il laicato e il sacerdozio
ministeriale. Sono passati, credo, i tempi in cui il prete per essere attuale
doveva mimetizzarsi tra la folla, perdendo così il valore di segno
che rappresenta’’.
Ripercorrendo il tuo cammino di preparazione al sacerdozio, quali sono
stati i momenti più significativi per la tua formazione? “Se d i
momenti più significativi per la tua formazione? “Se dovessi indicare
il momento preciso in cui ho avvertito chiaramente di essere chiamato dal
Si-gnore al sacerdozio, non lo saprei indicare. Già nei primi anni
d’infanzia, avevo chiara l’idea di che cosa “avrei fatto da grande’’: il
prete. Gli anni del Seminario Minore di Tori-no sono stati un periodo importante
di discernimento, per rispondere alla chiamata con più sicurezza
e serenità. Ricordo poi il profondo spirito di famiglia del Seminario
di Ivrea, senz’altro importante per una crescita completa. Da questo punto
di vista, mi sono stati molto d’aiuto gli anni della Facoltà Teologica
dell’Italia Settentrionale di Torino, i cui docenti hanno saputo trasmettermi
un amore per lo studio condotto sempre con estremo rigore scientifico,
diventando anche maestri di vita e di preghiera’’
La famiglia ti è sempre stata accanto in questi anni. Che valore
ha per te? “Sono molto grato al Signore per la famiglia che mi ha donato.
I miei cari mi hanno sempre assecondato durante ogni passo compiuto verso
questa meta. Non sono mancati i momenti di sconforto, ma sono loro molto
riconoscente per avermi dato l’opportunità di verificare oggettivamente
ciò che nei primi anni poteva sembrare uun’infatuazione di fanciullo,
dimostrando così grande maturità e modernità di pensiero.
Anche l’ambiente parrocchiale di Pont mi è stato di grande aiuto,
in particolare nella figura del compianto mons. Patrito, di cui ho sempre
ammirato il modo di vivere in pienezza il sacerdozio, e in don Aldo, per
la sua costante attenzione al mondo giovanile”.
Il tuo percorso di studi non si ferma con l’Ordinazione Sacerdotale,
ma continua alla Pontificia Università Gregoriana di Roma. “E’ vero.
Mons. Vescovo mi ha offer Un clero culturalmente preparato riesce a essere
più vicino alla gente, a servirla in modo più completo. A
Roma manteniamo comunque un’atte preparato riesce a essere più vicino
alla gente, a servirla in modo più completo. A Roma manteniamo comunque
un’attciliato con Dio, in comunione con Lui e dunque entra nel mistero
stesso della Trinità. Questo è il nocciolo della gioia cristiana,
perchè ogni credente scopre che la sua persona, pur misera e peccatrice,
per la passione e la risurrezione di Gesù è elevaevaività
parrocchiale al sabato e alla domenica, per non tralasciare mai la Carità
pastorale del ministero.
Come icona per l’Ordinazione hai scelto la Lavanda dei piedi.
Che significato attribuisci a quel gesto? “La chenosi ( = umiliazione,
spoliazione) che emerge da questa scena illustra in modo veramente completo
il senso del Presbiterato: essere ministri ordinati vuol dire essere servi
dei fratelli, non in modo trionfante, ma umile come Gesù che, per
compiere il gesto si spoglia delle vesti. «Il Signore Gesù,
che aveva amato i suoi, li amò sino alla fine» è un
monito a servire i fratelli completamente, in modo da consumarsi fino a
perdersi in questo ministero di servizio e redenzione. La gioia che ne
nasce è il frutto dell’amore, di chi sa di essere riconta a una
dignità superiore, è davvero in comunione con Dio”.
a cura di emauele riva |