•  Per le strade del mondo
    Ricordando dom Helder 

    E’ morto Mons. Helder Camara, Arcivescovo emerito di Recife (Dom Helder, come là in Brasile chiamano i Vescovi). Ai giovanispiù anziani richiama ricordi vivissimi, che vanno al di là dei confini strettamesimi il nome forse dice poco o nulla, ma a noi più anziani richiama ricordi vivissimi, che vanno al di là dei confini strettamente ecclesiali, proprio perché Dom Helder, immerso nella vita del suo Paese, partecipava alle sofferenze di tanta parte del suo popolo, vittima di ingiustizie e di emarginazioni, che egli cercava di mettere in luce e di combattere, facendosi pellegrino nel mondo per parlare di giustizia, di solidarietà umana, di promozione dei poveri del mondo.
    L’avevo conosciuto al Concilio, che aveva cominciato come Vescovo ausiliare di Rio de Janeiro e Segretario della Conferenza Episcopale brasiliana, poi promosso Arcivescovo di Recife, nel nordest da cui proveniva. Dopo una brevissima stagione tra i tradizionalisti più conservatori, il contatto con la gente delle grandi periferie urbane (le “favelas’’) e la presa di coscienza dei meccanismi con cui i settori benestanti e dominanti sfruttano ed immiseriscono tanta parte della popolazione l’avevano spinto a farsi portavoce delle esigenze e dei diritti dei poveri, non solo all’interno della sua città o della sua nazione, ma nello stesso Concilio.
    Lo incontravo il venerdì sera negli incontri informali nella residenza di P. Gauthier, dove si approfondiva il tema della Chiesa dei poveri, aperto da Papa Giovanni XXIII già nell’annuncio del Concilio, ma da concretizzare e da rendere presente nel cammino del Concilio stesso. 
    Il quale aveva sì dibattuto il tema, ma senza giungere a soluzioni concrete, salvo l'elaborazione riservata di un Documento, che Paolo VI aveva chiesto al Card. Lercaro di preparare e che avrebbe dovuto costituire la bozza di un'Enciclica (mai uscita) e la raccolta di oltre 500 firme ad una mozione che invitava i Vescovi ad uno stile di vita e di azione più semplice e più vicino alla gente.
    Dom Helder Camera scriveva su questi temi da lui così sentiti e vissuti ed accettava gli inviti a parlarne che gli giungevano sempre più da ogni parte del mondo. Ed egli andava, convinto com’era che la povertà della maggioranza dell’umanità deriva da una perversa organizzazione delle risorse mondiali, per cui - come dirà l’Enciclica di Paolo VI “Populorum progressio’’ del 1967, ma ripeterà nell’80 l’Onu nel cosiddetto “Rapporto Brandt’’ - i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.
    E nei Paesi come il nostro ammoniva che se volevamo aiutare il Terzo Mondo dovevamo cominciare a cambiare il nostro stile di vita. La conoscenza reciproca avviata durante il Concilio venne consolidata durante la mia attività in Pax Christi. Nel 1981 mi difese contro gli attacchi seguiti alla Missione in Centro America. Commentandola col Card. Martini diceva: la croce di Gesù ha due dimensioni, a quella verticale bisogna aggiungere anche quella orizzontale. Nel 1982 Pax Christi lo delegò all’Assemblea straordinaria dell’Onu dove chiese fortemente l’abolizione del veto delle grandi potenze, che limita gravemente la democrazia e l’autorevolezza di quell’istituzione.
    Lo incontrai più di una volta in Brasile, e gentilmente accettò di inserire,  tra le tappe nelle grandi città del mondo inserisse anche Ivrea, dove tenne una memorabile conferenza al Teatro Giacosa, nel suo italiano approssimativo reso più che mai efficace dal suo entusiasmo interiore e da un gestire estremamente espressivo (“Dio mi ha dato delle mani napoletane’’, diceva). E ripassò ancora una volta per riposare, durante un viaggio in Italia, accompagnato dal Presidente di Mani Tese.
    Questo suo impegno per la giustizia e la difesa dei poveri lo rese inviso ai settori dominanti che, per boicottarlo, lo definivano il “Vescovo rosso’’, lui che contestava ogni ideologia ed affermava che per difendere i poveri non aveva bisogno di Marx, gli bastava il Vangelo. Aggiungevano - i potenti - un’altra forma di boicottaggio, ed era quella di cancellare il suo nome dai giornali e di nasconderlo in televisione. Non poterono farlo quando Papa Giovanni Paolo II fece la visita pastorale in Brasile e volle incontrarlo e abbracciarlo, chiamandolo “fratello mio e fratello dei poveri’’.
    Credo che le resistenze del Governo del suo Paese abbiano impedito la nomina a Cardinale di un Prelato conosciuto ed amato in tutto il mondo. Ed era amato proprio perché trasmetteva fede e speranza, perché si manifestava veramente come “uomo di Dio’’. Confidò una volta che diventando prete aveva fatto voto di dedicare tutte le notti un’ora alla preghiera. Metteva la sveglia alle due e pregava fino alle tre! “Non lo consiglierei a nessuno - concludeva - ma ringrazio il Signore che mi ha dato di esservi fedele. Anche perché mi ha sempre fatto la grazia di riaddormentarmi subito!’’.
    Grazie, Dom Helder, per quello che hai dato ai tuoi fratelli poveri, al mondo, e anche a noi. Il tuo ricordo (e... la tua intercessione) ci ottenga di essere sempre più fedeli al Vangelo e fratelli dei poveri.

    +luigi bettazzi