9 Aprile 1999
IL VESCOVO PARLA ANCHE DEL GIOVEDI’ SANTO E DEL SACERDOZIO
Strade di fraternità e pace
Mons. Bettazzi alla manifestazione di Roma
Abbiamo vissuto la grande Settimana, abbiamo passato la Pasqua. La domenica
di Passione unisce l’austerità della Parola di Dio che ci introduce
alla sofferenza ed alla la morte di Gesù con la serenita richiamata
dalla mmemoria dell’ingresso festoso di Gesù in Gerusalemme e su
scitata dalla presenza dei rami d’ulivo (che non c’entra con la politica..,
come non c’entra che Gesù abbia voluto cavalcare un asinello!)
Questa serenità l’abbiamo vissuta la mattina del Giovedì
Santo, nella Messa della Cattedrale durante la quale si benedicono gli
oli, l’unica Messa celebrata in tutta la di Diocesi quella mattina. C’erano
in chiesa molti gruppi di ragazzi che si preparano de alla Cresima, venuti
a partecipare alla Liturgia in cui sì è benedetto il
Crisma con cui saranno unti, provenienti un po’ da tutta la Diocesi, oltre
ché dalla città (ne ho visti da Locana e da Pont, da Settimo
Vittone e da San Giusto, da Verolengo e da Mazzè, da te Tonengo,
da Villareggia, da San Benigno e Rivarolo, e tanti forse mi sono sfuggiti,
allora e adesso).
E c’erano molti sacerdoti e religiosi, quasi un centinaio, venuti per
vivere questo momento di pietà.e di fraternità, richiamando
anche gli eventi tristi e gioiosi del nostro presbiterio.
Abbiamo così ricordato i sacerdoti morti dal Giovedì
Santo dell’anno scorso: Don Antonino di Torre Canavese, Mons. Patrito gia
Pievano di Pont, Mons. Tapparo Canonico della Cattedrale, il Can. Vacchieri
rettore di San Salvatore d’ivrea, Mons. Sandrono di Ronco già cappellano
militare, Don Barengo di Arè, il decano dei nostri sacerdoti’ Don
Cima rettore di Torre Canavese.
Un augurio particolarmente affettuoso abbiamo rivolto ai due nuovi
sacerdoti ordinati nel corso dell’anno, Don Jacek Peleszyk proveniente
dalla Polonia ed ora a C:asteìlamonte e Don Stefano Teisa di Argentera
che sta completando gli studi a Roma. Non essendovi sacerdoti ordinati
nel 1974 ci siamo rivolti ai giubilei più elevati: abbiamo ricordato
le "nozze d’oro sacerdotali" di Don Primo Cercsa della Val Chiusella, don
Tullio Delmastro di Mosche di Chivasso, Don Mario Girodo Canonico della
Cattedrale, Don Nino Nigra parroco di Torre Balfredo e Direttore del Coro
della Cattedrale e del Coro Polifonico, Don Michele Oberto di Filia di
Castellamonte, Don Attilio Perotti parroco di Salto e Priacco, Don Fiorenzo
Rastello vicario di Frassinetto e Don Giacomo Torasso prevosto di Montalto
(con un ricòrdo al loro compagno di corso Mons. Vittorio Bernardetto,
Vescovo di Susa).
Ma avevamo anche dei giubilei di diamante (60 anni di sacerdozio):
Don Franco Garavet Canonico della Cattedrale, Don Giovanni Battista Marchetti,
parroco di Crotte e Realizio, Don Giuseppe Savino, parroco di Fiorano ed
il Cav. Don Cesare Targhetta di Alice Superiore . A tutti abbiamu rivolto
un augurio fraterno ed affettuoso, estendendolo ai confratelli degenti
in Ospedale per i quali abbiamo auspicato un pronto ritorno alle loro occupazioni
(in realtà Don Bessolo, degente all’Ospedale di Casteiiamonte e
poi mancato il Sabato Santo).
Durante la settimana non abbiamo potuto staccarci dall’incombere della
guerra in Serbia, con tutte le lacerazioni e le sofferenze che ha provocato,
in primo luogo proprio sugli abitanti del Kosovo, in difesa dei quali la
guerra era stata scatenata. L’abbiamo ricordata tutti nelle nostre preghiere
e nelle nostre offerte. L’ha fatto in primo luogo il Santo Padre, che ha
voluto tentare un’ennesima iniziativa diplomatica, anch’essa apparentemente
fallita. Dico "apparentemente" perché in realtà essa ha sollecitato
sia l’intensificarsi del dialogo con il Patriarcato ortodosso, notevolmente
influente sui vertici politici della Serbia, sia l’avvio di iniziative
da parte dei Cardinali statunitensi sui vertici politici del loro Paese.
E in quest’atmosfera che ho deciso di partecipare alla grande manifestazione
per la pace svoltasi a Roma il Sabato Santo. L’avevano sponsorizzata anche
moltissime associazioni cattoliche, tra cui Pax Christi, ed avrebbero voluto
parteciparvi Vescovi (tra cui Mons. Bona di Saluzzo e Moris. Nogaro di
Caserta), trattenuti invece dagli impegni liturgici di quel giorno.
La possibilità di rientrare tempestivamente per la Veglia Pasquale
mi ha indotto ad esservi presente, a titolo strettamente personale, ma
in coerenza con oltre trent’anni di impegno attivo per la pace ed in piena,
deferente solidarietà con i ripetuti appelli ed iniziative del Santo
Padre.
Son partito dal Piazzale di Porta San Paolo, termine della lunga marcia
partita dalla Stazione Termini, dopo aver salutato il Senatore lngrao e
Don Ciotti, incaricati di parlare a nome delle associazioni laiche (per
gran parte di derivazione comunista ed ambientalista) e di quelle cristiane.
Ma avevo già potuto, in alcune interviste volanti, confermare la
convinzione che la guerra, se lì per lì può soffocare
alcune violenze, ne scatena altre e difficilmente porta alla pace, e che
la difesa dei Kosovari, che aveva motivato l’inizio dei bombardamenti,
in realtà si era trasformata in una tragedia proprio in primo luogo
per loro (e pare che la Cia ne avesse preavvertito, inutilmente, il Presidente
Clinton). Avevo inoltre aggiunto che mi sembrava giusto esprimere, pur
modestamente, la gratitudine e la solidarictà al Santo Padre per
sua dedizione alla pace, nella fiducia che queste manifestazioni di
massa possano sollecitare i politici ad impegnarsi ulteriormente per la
pace. Mi sembrava incongruo, con il mio passato, fare la Veglia Pasquale
e celebrare la risurrezione di Gesù senza aver manifestato anche
visibilmente la mia vicinanza con tutti i fratelli kosovari e serbi (anche
questi vittime di una situazione non voluta), nei quali - come richiamava
il Papa nella Via Crucis del Venerdì Santo -Gesù Cristo continua
a morire, senza aver fatto qua lcosa perché anche in essi Cristo
possa risorgere.
Ed è la riflessione che insieme abbiamo poi fatto nella Veglia
Pasquale in Cattedrale e che ci accompagnerà in questo inizio del
tempo pasquale.
+ luigi bettazzi |