Lo sfruttamento del fiume Mignone
Il fiume Mignone è un corso d'acqua della lunghezza di 62 Km che nasce dai monti Sabatini,
nel territorio del comune di Vejano, a Nord-Ovest del lago di Bracciano.
Per i primi 2/3 è praticamente un torrente che si è scavato il suo letto creando valli anche
profonde, mentre per il rimanente tratto, una volta navigabile, scorre con due ampie anse
verso il mare, dove sbocca fra Tarquinia Lido e Civitavecchia.
Il fiume e la maggior parte del territorio
attraversato, rappresenta uno dei più interessanti ambienti naturali di tutto
il Lazio.
La maggior parte dei territori attraversati dal fiume Mignone è ancora oggi di non facile
accesso all'uomo: per questo motivo lungo il corso d'acqua sono presenti specie vegetali ed
animali in via d'estinzione in altre zone del centro Italia.
Lo sfruttamento delle acque del fiume Mignone da parte dell'uomo si è concentrato nella
seconda metà: nel tratto iniziale sono presenti solo alcuni piccoli mulini ad acqua
risalenti tra la metà e la fine del 1800.
La mola di Monteromano
La Mola di Monteromano è un mulino ad acqua di discrete dimensioni nel fondo della valle
sottostante il Casalone. Presumibilmente realizzato alla fine del 1800 è situato sulla sponda
destra del fiume ed è collegato oggi come allora, da una tortuosa e ripida strada che
parte dal paese di Monteromano.
La particolarità di questa mola rispetto alle altre situate più a monte, è la presenza di
interessanti opere idrauliche, come canali, bacini e gallerie sotterranee.
Oggi, dai resti del canale di presa che portava l'acqua nel bacino, è possibile immaginare come
un tempo, il fiume oltre a scorrere in un vecchio letto ormai abbandonato è anche diminuito di
portata.
Infatti la bocca del canale di presa si trova distante parecchie decine di metri dal fiume,
oltre ad un dislivello di circa 1 metro.
Si può facilmente intuire che in origine le acquee del fiume si
spingevano autonomamente all'interno del canale di presa che lungo una trentina di metri è
disposto in orizzontale: questi portava ad una saracinesca posta all'ingresso di una specie
di cisterna a torre che doveva comunicare con il bacino: questa probabilmente aveva la
funzione di far salire le acquee, visto che il bacino è posto leggermente più in alto
rispetto al fiume.
Il bacino delle dimensioni di 10 x 8 metri con una profondità massima di 5 metri è
realizzato per la maggior parte in in malta e sassi con l'eccezione dei camminamenti laterali
costruiti in lastre di basalto.
La vegetazione ha inghiottito l'attacco del canale di uscita dal bacino e non è da escludere
che non ci sia anche qui una saracinesca a controllarne il flusso in uscita.
Il canale che porta all'edificio della mola è di grandi dimensioni: é largo oltre un metro
e profondo due metri.
E' interamente costruito in sassi e malta. Le pareti sono perfettamente verticali e parallele,
mentre la base è leggermente concava. Ad eccezione di una leggera curvatura a circa metà
percorso, è perfettamente in linea retta.
Il canale della lunghezza di circa 200 metri alla fina incontrava una saracinesca i cui resti
sono rappresentati dalle gole scavate nelle pareti laterali del canale per tutta la sua altezza.
Da qui si alimentava una vasca delle dimensioni di 5 x 5 metri con la stessa profondità del
canale appena descritto. La vasca è affiancata all'edificio della mola.
L'edificio della mola, di cui oggi si conservano i resti delle mura perimetrali e del solo
solaio in muratura, era in origine composto su tre livelli. Al livello inferiore sotterraneo
erano alloggiate le ruote che venivano mosse dall'acqua. Presumibilmente al piano superiore
erano posizionate le macine e al livello ancora superiore il caricamento del frumento.
Le acquee raccolte dalla vasca alimentavano, attraverso due distinte gallerie di dimensioni
diverse, le ruote del mulino. Entrambe le gallerie, per aumentare la forza dell'acqua, sono
inclinate in discesa di circa 30°. Una volta spinte le ruote, le acquee di uniscono ed escono
dal sotterraneo del mulino in un tombino all'aperto di 3 x 4 metri profondo circa 5 metri che
con una galleria sotterranea lunga 20 metri vengono riversate nel regolare corso del fiume
Mignone.
La sabbiera di Montericcio
La sabbiera di Montericcio è un impianto per l'estrazione di sabbia dal fiume Mignone
situato all'estremità orientale di Montericcio. Risale ai primi anni '80 ed è posizionato sulla
riva destra del fiume nel punto in cui il fiume esce dalle strette valli e continua il suo
viaggio verso il mare nell'ampia pianura.
I sedimenti venivano raccolti dal letto del fiume da una particolare gru e con un nastro
strasportatore raggiungevano il vicino impianto di triturazione e successivamente di
filtraggio da cui fuoriuscivano rispettivamente, ciotoli, ghiaia e sabbia.
L'acquedotto di Civitavecchia
Il fiume Mignone è stato per quasi un secolo il maggior approvvigionamento d'acqua
per la città di Civitavecchia. Nel punto in cui la strada statale Aurelia scavalca il fiume,
negli anni 20 furono installate le pompe con le quali l'acqua del fiume veniva
inviata agli impianti di filtraggio della borgata Aurelia per essere poi immessa nella rete
idrica cittadina.
Sul corso del fiume, con uno sbarramento artificiale, venne creato una specie di bacino in
cui si poteva avere una quantità d'aqua pressochè costante per avere un perfetto funzionamento
delle pompe.
Testo e HTML Stefano Foschi, Novembre 2003
Bibliografia Enciclopedia UTET, Torino 1964 Civitavecchia, vedetta imperiale sul mare latino, Civitavecchia 1932
Fotografie d'epoca Archivio Umberto Mazzoldi
Fotografie Stefano Foschi, Luca Riccioni,
Gigi Seghenzi
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