Nell'immediato dopoguerra, Civitavecchia venne individuata come sede di un impianto di
produzione di energia elettrica.
In questa zona si potevano soddisfare le 3 necessità di una centrale elettrica:
facilità di approvvigionamento di combustibile, presenza di grande quantità d'acqua per
il raffreddamento dei macchinari e posizione baricentrica nella rete di distribuzione nazionale.
Nel 1949 la Società Termoelettrica Tirrena costituita da altre società del settore, come la Società
Romana Elettricità, la Società Terni Industrie Elettricità e la Società Valdarno Elettricità,
iniziarono la progettazione di una centrale termoelettrica a carbone con due unità di
produzione. L'area scelta venne individuata in riva al mare nel punto in cui
già sorgeva lo stabilimento della Società Montecatini per l'allume, messo fuori uso e
parzialmente distrutto dai bombardamenti aerei del 1943.
I lavori di costruzione iniziano nel luglio del 1951. Gli operai raggiungono
le 1000 unità.
E' previsto che per un primo periodo la centrale sarà fornita di una sola unità di
produzione da raddoppiare come da progetto negli anni a venire.
Vengono costruiti 3 edifici in muratura che in ordine di grandezza andranno ad
ospitare le caldaie, la sala terbine e alternatori, e la sala controllo insieme agli uffici.
A causa della vicinanza al mare, per evitare corrosioni dall'aria marina, l'edificio che
ospiterà la caldaia sarà una struttura coperta in muratura anche sui lati.
La centrale fu realizzata con il piano di aiuti da parte dell'America all'Italia per
agevolare la ripresa economica dopo il conflitto mondiale. Tutti i macchinari
vennero forniti a prezzi agevolati dall'America. Ad esempio, l'alternatore e la turbina erano
General Electric, la caldaia Combostion e altri macchinari elettrici Westinghouse.
Nella fornitura di materiale vi erano anche due camion americani che continuarono a fare
servizio all'interno della centrale e nel porto per diversi anni.
Per agevolare il trasporto dal porto alla centrale di tutti i macchinari, in special modo
per quelli più ingombranti e pesanti, venne costruito un raccordo ferroviario che immetteva
i vagoni direttamente all'interno della centrale.
Le prime prove di produzione avvennero nell'estate del 1953.
La caldaia poteva essere alimentata sia a carbone che ad olio denso.
L'inaugurazione e l'entrata in regolare servizio della centrale avvenne nel novembre 1953.
La potenza era di 70 MegaWatt.
Il trasporto del carbone dal porto alla centrale avveniva mediante camion.
Il carbonile all'interno della centrale era a cielo aperto e aveva una capienza di 20000
tonnellate per un'autonomia di circa 7 giorni di produzione.
Due caterpillar movimentavano il carbone in cumuli di oltre 5 metri verso il nastro
trasportatore che portava ai silos della caldaia. Sui nastri, a metà percorso, il carbone
attraversava una particolare macchina che lo triturava e lo depurava da eventuali metalli.
L'occupazione della centrale era di 80 persone tra operai, tecnici ed impiegati.
L'energia prodotta dalla centrale andava a due trasformatori di tensione che
alimentavano a 200KV la rete elettrica nazionale e a 120 KV la vicina sottostazione
elettrica delle Ferrovie dello Stato sulla linea ferroviaria Roma - Pisa.
Nel 1957 venne abbandonato come combustibile il carbone perchè non più conveniente dal punto
di vista della movimentazione e della manutenzione della caldaia.
Per la sola movimentazione dal porto alla caldaia e per lo stoccaggio delle scorie dalla caldaia
ai silos delle ceneri, occorrevano 25 persone.
Il carbonile viene trasformato in un parco nafta con una decina di grossi serbatoi riforniti
dalle navi petrolifere che attraccavano al porto di Civitavecchia.
Nel 1958 entra in funzione la nuova seconda unità di produzione alloggiata negli appositi
spazi già realizzati negli edifici costruiti nei primi anni 50. Questa avrà una potenza di 140 MW.
Venne costruita una seconda ciminiera.
All'inizio il funzionamento delle due unità sarà alternato con
l'impiego dello stesso personale. Poi nel giro di pochi anni il personale viene aumentato e
il servizio sarà parallelo.
Nel 1963 subentra l'Enel alla proprietà e alla gestione diretta dell'impianto.
Alla fine degli anni 60 si inizia a costruire una nuova terza unità di produzione.
Questa sarà costruita a fianco delle strutture murarie delle due unità precedenti con
un sistema di travi metalliche che mette a vista tutti i macchinari.
Questa unità avrà una potenza di 240 MW.
A metà anni '70 a causa della sua bassa produttività viene dismessa la prima unità.
Al fine di trasformare la centrale di Fiumaretta come un centro d'istruzione Enel, gli elementi
principali vengono aperti, smontati o sezionati per permetterne una visione interna.
La caldaia fu trasformata in un percorso guidato con tanto di illuminazione, scale e passerelle.
La turbina sezionata per far vedere le parti interne, come
gli alternatori separati la parte fissa da quella mobile, mentre la ciminiera venne abbattuta
e la base tagliata a fetta di salame.
La vita della centrale si ferma la sera dell'8 settembre 1990, quando un boato seguito
da un forte rumore si diffonde in tutta la città. La caldaia della terza unità è esplosa.
Nessuna operaio coinvolto: i rottami arrivano ovunque, anche sulla vicina strada statale Aurelia.
L'impianto viene fermato. Nel giro di mesi, dopo la riparazione, torna a funzionare
ma per poche settimane visto che si verificò un analogo inconveniente.
Questo insieme alle proteste degli abitanti della zona e di interventi politici
portò alla definitiva chiusura dell'impianto.
Dopo circa 5 anni inizia l'opera di smantellamento delle due unità di produzione,
delle ciminiere e della stazione elettrica. Restano le sole strutture murarie
costruite in origine e Fiumaretta oggi è sede di uffici Enel.