Il cementificio Cerrano di Santa Marinella
Il nome di Giuseppe Cerrano appartiene all'inizio della storia della produzione di cemento in Italia.
Gia nel 1867, a Casale Monferrato zona in cui abbondano giacimenti di sedimenti adatti
alla fabbricazione di calce e cemento, il Cerrano, insieme ad altri imprenditori formano
formano la "Società di Casale Monferrato per la cottura della calce idraulica" che nel 1873 acquisì la nuova
denominazione "Società Anonima Fabbrica Calce e Cementi", malgrado continuasse a produrre solo calce: il
cemento infatti fino all'ora non veniva ancora prodotto in Italia, malgrado i tentativi
da parte di alcuni imprenditori del settore.
Il Cerrano ebbe l'intuizione di proseguire vari studi già intrapresi senza successo da altri imprendidori
e finalmente riesce, con un impianto per la produzione sperimentale
costituito da due forni verticali, ad ottenere cemento Portland di ottima qualità, paragonabile a quello
prodotto in Francia, allora paese leader nella produzione.
Malgrado il successo, il progetto trovò l'obiezione
di tutti i componenti del consiglio della società. Questi infatti pensavano che fosse pericoloso
investire ingenti risorse finaziarie verso un'industria ancora nuova e insicura, in considerazione
che il mercato italiano erà già completamente servito dai prodotti francesi.
Nel 1882 Giuseppe Cerrano esce dalla "Società Anonima Fabbrica Calce e Cementi" e
costituisce una nuova società: "Giuseppe Cerrano e Compagni". In poco tempo
portò al successo la sua azienda ubicata sempre a Casale.
Sarà il primo in Italia ad introdurre il forno Dietzsch, che diffonderà
egli stesso, dopo l'acquisto del brevetto, ad altri cementieri casalesi.
Nelle sue industrie sarà il primo a portare l'automazione prodotta dall'energia
elettrica. Nel 1887 otteneva pure la medaglia d'oro dal Ministero dell'Industria.
Il cementificio Cerrano di Santa Marinella, anni '20. Da sinistra gli uffici e i laboratori, i silos del klinker, e i forni
La costruzione del cementificio di Santa Marinella avvenne nel 1898 in una zona a ridosso della
ferrovia Roma - Civitavecchia.
La scelta di questa località, oltre per la facilità di reperimento di materia prima,
fu data dal facile mercato verso Roma che la cementeria avrebbe potuto servire via ferrovia avvalendosi
della vicina stazione di Santa Marinella collegata tramite una decauville.
La vicina cementeria di Civitavecchia, che non aveva ancora un collegamento diretto con la
ferrovia, vedeva la maggior parte del suo prodotto finito trasportato via mare: solo nei primi anni 30
ricevette il collegamento ferroviario con il vicino scalo di Civitavecchia Porta Tarquinia.
Il cementificio in origine occupava un'area di circa 10 ettari di cui facevano parte anche alcune cave di
calcare, poi in seguito sfruttate anche con lo scavo in galleria ma per pochi anni.
In seguito vennero aperte alcune cave a breve distanza dall'impianto situate nei terreni di proprietà della famiglia
Odescalchi - Antonelli. Il calcare ricavato veniva trasportato mediante teleferica.
L'impianto era dotato di una propria centrale elettrica alimentata a carbone e di una zona abitativa per una parte degli
operai impigati nell'impianto con le proprie famiglie: la massima occupazione fu di poco oltre 200 persone alla fine degli anni 30.
La maggior parte dei manufatti vennero realizzati in cemento armato. Unico caso in Italia, tutta una serie di decorazioni e
rifiniture di stile anch'essi realizzati in cemento così da accostare lo stile della fabbrica ai modelli di ville e palazzi
che erano sorti nella cittadina balneare di Santa Marinella.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale l'impianto venne chiuso e mai più rimesso in funzione a causa del forte
investimento necessario a ricostruire gli impianti ormai vecchi. Inoltre avrebbe avuto senz'altro una difficile ripresa
a causa dell'importanta che aveva assunto il ricostruito cementificio di Civitavecchia che da li a poco divenne uno dei
piu' importanti d'Italia.
Negli anni '50, per una decina di anni, i terreni intorno allo stabilimento vengono struttati per piantagioni di
floricultura. Alcuni ambienti dei manufatti sono sfruttati come magazini sempre a servizio della floricultura.
Dalle sottostanti gallerie ormai abbandonate veniva pompata l'acqua che le
allagava a scopo di irrigazione.
Da allora lo stabilimento è in totale stato di abbandono. Dal 1992 è stato sottoposto a vincolo di tutela da parte
del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali. Attualmente il comune di Santa Marinella,
sta progettando un suo recupero come area a verde sui terreni circostanti agli edifici, e in quest'ultimi il trasferimento
di tutti i suoi uffici e la realizzazione di ambienti per attività sportive e culturali.
Vedi anche:
www.comune.santamarinella.rm.it/liberty/cerrano.htm
Ricognizione fotografica
dicembre 2010
Bibliografia
Camillo Fumagalli - La Italcementi, origine e vicende storiche, 1964 Marina Natoli - L'archeologia industriale nel Lazio, Palombi Editore - 1999
Fotografie, testo e Html Project
Stefano Foschi, ottobre 2006
÷ marzo 2011
Al fine di evitare
spiacevoli inconvenienti di natura giuridica, si rende noto che
senza autorizzazione scritta, i
testi e le immagini contenute in questo sito possono essere acquisite ed
utilizzate al solo scopo di collezione personale e ne viene vietato
qualsiasi altro uso, compresa la loro pubblicazione su altri siti
Internet. Per Internet è
consentito, in modo libero, senza bisogno di autorizzazioni, il solo
collegamento URL o link HTTP verso le pagine di
ARCHEOIND Archeologia
Industriale nell'alto Lazio. Le informazioni (testi ed immagini) qui riportate potranno essere
utilizzate anche per scopi tecnici e scientifici, didattici,
universitari ed editoriali, solo dopo autorizzazione scritta
degli autori dei testi e proprietari delle immagini, i quali dovranno
necessariamente comparire almeno nelle note bibliografiche del progetto
che si vuole realizzare. In caso di inosservanza di quanto sopra
esposto, gli autori o proprietari dei testi e delle immagini ricorreranno alle vie legali per la violazione del diritto d'autore sia in
sede civile che in sede penale. |
|