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LA CHIESA ROMANICA DEL Monastero di San Salvatore a Capo Di Ponte
Fotografie di Alberto Galbiati |
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Il complesso dell'ex-monastero (Le Tese) visto dalla Pieve di San Siro
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La struttura della chiesa rivela un corpo complesso e solido, raccolto su se stesso. slanciato verso l'alto grazie al tiburio ottagonale. Quest'ultimo e altri elementi ne denunciano il legame con il romanico francese.
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La corposità e la pesantezza della pietra sono alleggerite dalla distribuzione dei volumi e dalla soffusa luminosità propiziata dalle piccole aperture verso l'esterno. Sembra di udire ancora il salmodiare dei monaci ...
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Dai capitelli, curati e diversi, emerge il mondo immaginario medievale.
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Miseri resti parlano di un'affrescatura ampia e vivacissima di colori e concetti.
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Dolcissimo volto del Cristo Bambino.
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SINTESI STORICA La sintesi è tratta da "Romanico - San Siro e San Salvatore in Capo Di Ponte" di Alberto Galbiati, in vendita presso la Libreria del Parco Nazionale
Impossibile da definire cronologicamente in assenza di documenti scritti, la fondazione della chiesa di San Salvatore si perde nell’altrettanto incerta fondazione dell’antico monastero di cui fece parte. Alcuni frammenti di reimpiego nelle murature suggeriscono un possibile originario monastero benedettino in epoca longobarda. Nel 1087 un documento attesta la donazione all’abbazia cluniacense di Pontida di terreni ubicati in questo luogo, per la costruzione di un priorato, fattoria di rinnovamento e stimolo economico; priorato attestato esistente nel 1095, in dipendenza diretta da Cluny. E’ probabile che proprio in questo momento, sul finire dell XII secolo, venga eretta la chiesa, segno di affermazione e di stabilità del Monastero “de tegiis” (oggi “delle tese”, toponimo che allude alla presenza in luogo di casupole rurali). Possedimenti e rendite in tutta la Valcamonica sottolineano l’importanza religiosa e civile del monastero per i primi due secoli, ai quali segue un rapido decadimento attestato dalla presenza stabile di due, al massimo tre monaci, fino al passaggio all’Ordine degli Umiliati. Quest’ultimo lo amministra fino alla propria soppressione nel 1570, allorchè il Monastero passa alla Diocesi di Brescia. Le prescrizioni di modifica architettonica imposte da Carlo Borromeo nel 1580 furono eseguite solo parzialmente, sicchè il tiburio, destinato all’abbattimento e la bifora della facciata, destinata alla trasformazione in rosone, sono giunti a noi nella loro veste originaria. Opposto destino ebbero gli affreschi, che, a giudicare dalle reliquie appena leggibili, probabilmente rivestivano le superfici interne. La notoria intonacatura e imbiancatura borromea non li ha risparmiati. I secoli di decadenza portarono alla progressiva distruzione del complesso monasterile originario, oggi del tutto scomparso. La fine del Settecento vide il passaggio della proprietà dell’area e della chiesa, unico edificio superstite, a privati (recentemente una fondazione locale) che tutt’ora, con il vincolo di monumento nazionale, la detengono.
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