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IL CICLO ISTORIATIVO RUPESTRE CAMUNO

 

  IL PRIMO QUADRO INTERPRETATIVO
 

Alla fine dei primi sessant'anni di ricerche condotte in vario modo e da vari studiosi, il primo quadro interpretativo attendibile del fenomeno delle Incisioni Rupestri camune fu concepito e pubblicato da Emmanuel Anati intorno al 1960. Nell'assenza pressocchè totale di reperti archeologici che non fossero strettamente le Incisioni, il suo lavoro tese a individuare una successione di fasi incisorie nel tempo, esaminando le istoriazioni da un punto di vista stilistico e inquadrandole, con un paziente lavoro di comparazione e di intuizione, nelle classiche età archeologiche riferite alla preistoria.

Ne scaturì un quadro cronologico che, salvo qualche adeguamento conseguito allo sviluppo delle conoscenze, si rivelò corretto e condivisibile, suddiviso in periodi e fasi nell'arco che abbraccia diecimila anni dall'Epipaleolitico ai nostri giorni.

Ad esso ci rifacciamo, sintetizzando e semplificando i contenuti per comodità divulgativa.

 

 

La stagione dei

CACCIATORI-RACCOGLITORI

L'Epipaleolitico camuno

 

 

Fra 14.000 e 10.000 anni prima di Cristo, l’attenuazione e l’esaurimento dell’ultima fase glaciale (Würm) determinò un drastico cambiamento ambientale nella Valcamonica, come in tutto l’arco alpino. Sul piano geologico avvenne il passaggio dal Pleistocene all’Olocene attuale. Sul piano della storia umana si registrò la fine del Paleolitico e l’inizio dell’Epipaleolitico-Mesolitico.


Grazie all’abbondanza di acque, il fondovalle e i pendii furono conquistati da rigogliosa vegetazione, allettante richiamo per molti animali, che dalle pianure risalirono il solco vallivo, attirandovi dietro di sé piccoli gruppi di cacciatori.


Uomini di stampo paleolitico, costoro conducevano una vita del tutto affidata dalle risorse naturali: raccoglievano frutti spontanei e cacciavano animali, per nutrirsi delle loro carni, ripararsi con le loro pelli e ricavare attrezzi dalle loro ossa e corna. Pietra, legno e osso, abilmente lavorati e assemblati, fornivano loro attrezzi ed utensili. Loro ripari erano capanne di frasche, tende montate con pertiche e pelli, ma anche roccioni sporgenti ai quali si riferivano durante le migrazioni stagionali dei branchi. Si aggregavano in piccoli gruppi nomadi, probabilmente legati da vincoli di sangue (famiglie allargate e clans), piuttosto indipendenti fra loro.


Migliaia di anni prima, gli antenati paleolitici di questi uomini istoriavano con figure di grandi animali le pareti di grotte profonde nelle regioni francocantabriche, nell’ambito di riti magici propiziatori della caccia e della perpetuazione della vita. Arrivarono in Valcamonica, dunque uomini già ben assuefatti alle ritualità magiche istoriative, che non fecero altro che continuare in un luogo nuovo.

Della loro espressività artistica ci restano poche grandi figure animali nella Valcamonica medio-bassa, le primissime di centinaia di migliaia che sarebbero state prodotte nei millenni successivi.

 

La stagione degli

 AGRICOLTORI

Il Neolitico camuno

 

 

Una favorevole evoluzione climatica generale verificatasi nel 6° millennio a.C. contribuì a diffondere le rivoluzionarie innovazioni neolitiche, già attestate lungo il Danubio e le coste mediterranee. Le nuove condizioni ambientali consentirono l’estensione in altitudine dei limiti di praticabilità agricola e la sua infiltrazione anche nell’arco alpino, grazie a gruppi umani portatori delle tecnologie neolitiche. Inesorabilmente, i cacciatori della prima stagione camuna finirono integrati ai nuovi agricoltori, grazie ai quali si compì il popolamento stabile dell’arco alpino.


Non fu certo cancellata la caccia, che però rimase relegata ad una funzione integrativa dell’economia, affidata ad una più dinamica e rassicurante visione del ruolo umano nella natura: dalle inevitabili precarietà legate alla caccia e alla raccolta, l’uomo era passato progressivamente alla produzione attiva del proprio cibo, coltivando la terra e allevando animali. Principali corollari tecnologici del nuovo orientamento furono la produzione ceramica, con le conseguenti modalità di cottura e conservazione dei cibi, l’introduzione dell’aratro, l’affermazione del telaio con l’avvio di abitudini vestiarie più evolute e, infine, la sedentarizzazione definitiva, grazie a capanne stabili, aggregate in piccoli villaggi.
Tanta rivoluzione nel costume di vita non poteva non tradursi sul piano espressivo.

Così, dopo una lunga stasi artistica conseguita alla già scarsa produzione epipaleolitica, rinacque la voglia di incidere con temi altrettanto rivoluzionari, non più centrati sulla caccia e sugli animali, bensì sul sole e sull’uomo.

 

 

La stagione degli

 ADORATORI DEL SOLE

L’Età del Rame camuna (Calcolitico)


 
 

L’evoluzione progressiva dell’impianto neolitico fece maturare in Valcamonica, agli inizi del 3°millennio a.C. una situazione nuova con caratteri propri ben definiti. 
All’interno della Valle si perfezionarono i sistemi di aratura, anche grazie all’impiego dei buoi, che inaugurarono la stagione dell’energia animale, tutt'oggi non ancora spenta. Con lo sviluppo dell’allevamento bovino si cominciò a praticare la mungitura, donde la produzione casearia, tuttora pregiata risorsa delle montagne. Si colse, poi, l’utilità della lana ai fini della filatura-tessitura, da tempo praticate con fibre vegetali, con il conseguente sviluppo dell’allevamento ovino. Infine, nell’ambito di queste nuove pratiche zootecniche, si aprì in progressione anche lo sfruttamento stagionale dei pascoli alti.


Intanto che tutto ciò si evolveva dentro la Valle, giunsero dall’esterno altre eclatanti novità, di quelle che, si suol dire, ti cambiano la vita. Ecco far capolino la ruota e il carro, il cavallo e la primissima tecnologia metallurgica, quella del trattamento del rame.


L’insieme degli sviluppi interni e degli apporti dall’esterno mutarono gli assetti: l’incremento della produzione agricola determinò surplus alimentare, espansione demografica, divisione dei compiti nella compagine sociale. L’inevitabile articolazione dei produttori di lavoro in gruppi specialistici (agricoltori, allevatori, cacciatori, artigiani e commercianti) mutò i rapporti personali e gli assetti sociali. Dal pacifico comunitarismo neolitico si sviluppò un classismo sempre più accentuato, con l’emergere di personaggi capaci di accaparrarsi le risorse e di controllarle, anche grazie alle manipolazioni ideologiche offerte dall’arrivo in Valle di un flusso filosofico potente, che all’epoca investì tutta l’Europa, disseminandola di monumenti megalitici dedicati al culto solare. Forti di una tradizione neolitica pregna di contenuti solari, i Calcolitici della Valle abbracciarono d’impeto l’ideologia esotica e concentrarono tutta l’energia incisoria nei riti solari.

Abbandonate le superfici rocciose affioranti, molti massi, istoriati con simboli celesti, animali, armi, arature e danze, furono innalzati in pochi celebri santuari dedicati allo specifico culto del Sole, simbolo non solo dell’ordinamento universale, ma anche del nuovo ordinamento sociale, sempre più piramidale e autoritario.

 

 

La stagione dei

 METALLURGHI

L’Età del Bronzo camuna

 
 

L’impostazione che già il Calcolitico aveva dato all’economia, con attività agricole affiancate ai primi scambi sistematici e con l’incipiente metallurgia, maturò pienamente nel Bronzo, che si caratterizzò, soprattutto, per l’affermazione di quest’ultima. Superata la produzione di oggetti in rame, impiegati per scopi più simbolici che funzionali data la sua intrinseca debolezza, esperienze di alligazione con lo stagno resero disponibili manufatti in bronzo, materiale di notevole durezza, adatto perciò alla realizzazione di utensili ed armi.


Furono soprattutto queste ultime a giustificare il successo della metallurgia. Realizzate in bronzo, surclassavano in potenza le più evolute armi di pietra, attribuendo ai loro possessori un’indiscussa superiorità. Ne scaturì inevitabilmente una corsa all’accaparramento ed atteggiamenti tesi al controllo degli approvvigionamenti minerari, della realizzazione concreta dei manufatti e dei relativi traffici.


Così come avvenne in tutte le aree di diffusione della metallurgia, anche nel territorio camuno emersero senza dubbio alcune famiglie egemoni capaci di controllare l’intera economia, grazie alla forza delle armi esercitata per mezzo di uomini, i primi soldati della storia, che da allora non cessarono di essere casta privilegiata, la casta guerriera.


La pacifica convivenza neolitica si era ormai del tutto dissolta, per lasciare ampio spazio ai turbolenti rapporti fra i vari dominatori di territori, avidi ciascuno di ulteriori ricchezze e di nuova potenza. Segno dei loro tempi ci restano villaggi fortificati, i castellieri (famoso quello di Doss Dell’Arca, 300 metri a Nord di Naquane), creati in luoghi dominanti, per la difesa e il controllo locale.
Restano, altresì, le istoriazioni, ricollocate sulle rocce affioranti, dalle quali si desume che l’attenzione degli incisori e dei loro committenti si spostò decisamente dai concetti di sottomissione al divino espressi dai culti solari, a quelli di supremazia totale sulla terra e sugli uomini.

La raffigurazione ossessiva di armi, fatte in sé oggetto di culto e l’incisione di mappe topografiche, con le implicite allusioni ai possedimenti territoriali, ne sono chiare prove.

 

 

La stagione dei

C A M U N I

L’Età del Ferro camuna

 

 

Ecco, finalmente, dopo millenni di gestazione in cui s’intrecciarono e si fusero innovazioni, gruppi umani e ideologie, nel territorio camuno si manifestò, agli inizi dell’ultimo millennio prima di Cristo, una unificazione etnica propiziata dalla condivisione generale di modi di vivere e di operare economicamente e spiritualmente: quella che gli studiosi definiscono con l’appellativo di Popolo Camuno.

Al popolo dei Camuni propriamente detto, dunque, riserviamo lo spazio degli otto secoli precedenti l’Anno Zero, l’Età del Ferro di Valcamonica.


I processi egemonici affermatisi durante il Bronzo si consolidarono e si perfezionarono, grazie all’introduzione della nuova tecnologia del ferro. Domato dagli Ittiti anatolici alcuni secoli prima, la sua lavorazione giunse in Valle con tutto il suo carico di superiorità, in efficienza, resistenza e, quindi, di valore venale. I capi divennero “principes” territoriali e i guerrieri si fecero aristocrazia, con i privilegi assicurati loro dal monopolio delle armi.


Al perfezionamento della metallurgia, industria totalmente in mano aristocratica, provvidero influenze provenienti dai mastri ferrai celti hallstattiani e latheniani, nonché dagli attivissimi commercianti etruschi. Fu questo un periodo di dilaganti traffici, la cui rete si estendeva fino ai più riposti angoli europei, nordici e mediterranei.


Ancora una volta tutto ciò si rispecchiò puntualmente nella produzione ideologica degli incisori di pietre. Dal culto delle armi del Bronzo si generò prepotente il culto dell’uomo in armi.

 

In questo periodo si colloca il 70/80% delle oltre 300.000 incisioni rupestri camune conosciute.

 Centinaia di scene di duello e migliaia di personaggi, talvolta giganteschi, che ostentano armi, muscoli e sesso, dichiarano universalmente l’ideale dell’uomo nella mentalità camuna: forte, virile, eroico, superiore.

Tutto l’insieme di altre figure, capanne, labirinti, impronte di piede, scene di caccia, reticoli, iscrizioni e varie simbologie fanno da corollario al concetto-guida del guerriero come superuomo e della sua casta come entità egemone, mentre resta in ombra il mondo della vita quotidiana della gente.


L’apice dell’epopea dell’uomo preistorico in Valcamonica era destinato ad essere anche il naturale inizio del declino. Gli ultimissimi secoli a ridosso dell’Anno Zero sono già protostoria.

 

 

La stagione della

STORIA

L’Età Romana

 

 

Secoli di contatti ed interscambi con culture vicine prepararono relativamente il popolo camuno ad accogliere la superpotenza internazionale del momento, i Romani, in piena corsa espansionistica. La necessità di controllare le possibili vie di transito da parte di invasori nordici (il sacco di Roma ad opera dei Galli era ben presente nella memoria), unita al bisogno di proteggere il dominio padano dalle incursioni predatorie di certe esuberanti popolazioni alpine, Camuni compresi, indusse i Romani a penetrare militarmente nell’arco alpino, per assoggettarne i territori. Dopo precedenti infiltrazioni, il 16 a.C. segnò la fine dell’autonomia camuna e, con essa, la fine della preistoria in questi luoghi.


La relativa rapidità con cui Roma riconobbe ai “CAMUNNI” crescenti diritti civili lascia intendere che ad essi non dispiacque troppo l’assoggettamento, che in realtà garantì alla Valle una pace di tre abbondanti secoli.
Punto nevralgico di controllo dell’area camuna fu una nuova città, di impianto tipicamente romano, la “Civitas Camunnorum” stesa sotto l’odierna Cividate Camuno, dieci chilometri a Sud di Naquane.


Il contatto con una civiltà come quella romana sopì la tradizione incisoria, peraltro già affievolitasi negli ultimi due secoli prima di Cristo. Si assopirono gli incisori di pietre, per risvegliarsi in periodici guizzi di orgoglio dal Medioevo fino al recentissimo passato. Entro il solco dell’ideologia cristiana, penetrata faticosamente in Valle in un arco secolare, cambiarono i segni e i significati, non le rocce, né i millenari gesti sacrali.

 
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