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LE INCISIONI RUPESTRI

 

  I SEGNI DEL PENSIERO
 

La Valcamonica, ricca di bellezze naturali tipiche delle montagne, è oggi conosciuta soprattutto grazie al suo patrimonio di incisioni rupestri.

 

Nel corso del tempo, l’uomo ha dissemimato il globo di segni grafici (figurazioni dipinte, incise o modellate su qualsiasi supporto abbia avuto disponibile, pietra, legno, suolo, ceramica, metallo), per attestare e consegnare al tempo ciò che ha visto, pensato, creduto, comunicandolo alla divinità o ad altri uomini.

 

   

 

 

Le incisioni rupestri

ne rappresentano la modalità preistorica conosciuta più diffusa.

 

  CHE COSA?
 

Le incisioni rupestri sono segni intenzionalmente incavati dall’uomo su superfici rocciose perlopiù levigate dai ghiacciai.

  COME?
 

Accettando che le incisioni fossero probabilmente anche integrate da coloritura, due furono le modalità tecniche impiegate: la percussione, prodotta battendo direttamente o indirettamente sulla superficie strumenti incisori di pietra (quarzite e selce) o di metallo; il graffito, ottenuto grattando le superfici con strumenti appuntiti di pietra o di metallo.

  DOVE?
 

Incisioni rupestri sono state e vengono tuttora scoperte nelle aree montagnose di tutti i continenti. Si può normalmente constatare la costanza del trinomio pietra-incisioni-uomo, nel senso che nei luoghi montagnosi frequentati dall’uomo sono state sempre prodotte incisioni rupestri. Donde si deduce che esse non sono espressioni spirituali dei Camuni, ma lo sono di tutti i gruppi umani, a prescindere dal tempo e dallo spazio.

 

 

La VALCAMONICA è il giacimento più conosciuto nel mondo, non solo perché fu il primo ad essere divulgato su ampia scala, ma perché intrinsecamente è il più ricco per quantità, il più vario per temi, il più ampio per cronologia. Nelle Alpi, tuttavia, costellate ovunque di segni incisi, si affiancano alla Valcamonica altri siti altrettanto noti agli studiosi, quali il Monte Bego, il Vallese svizzero, la Valtellina e l’Altopiano di Asiago.  

I Camuni furono i massimi produttori di incisioni, che distribuirono sui versanti della Valcamonica lungo settanta dei novanta chilometri del suo tracciato. Alcune località furono particolarmente frequentate per questo scopo e in esse si registrano massime concentrazioni di segni.

 

La più grande in assoluto occupa la porzione centrale della Valle, in una fascia altitudinale che dai 300 metri si estende sino a 1.400 metri, con qualche punta sporadica intorno ai 2.000. I territori comunali finitimi di Capo Di Ponte, Nadro, Cimbergo e Paspardo ne ospitano la concentrazione più ampia in assoluto. CAPO DI PONTE, sede del PARCO NAZIONALE DELLE INCISIONI RUPESTRI, ne è il centro di riferimento.

 

 

  QUANTE?
 

Il censimento globale in corso presso il Centro Camuno di Studi Preistorici di Capo Di Ponte fa ammontare ad oltre 300.000 le incisioni rupestri camune attualmente note. Il dato, grazie ai continui ritrovamenti, è destinato ad aumentare progressivamente. 

  
  QUANDO?
 

Esauritasi la Glaciazione Würmiana, la Valcamonica accolse le prime presenze umane fra 14.000 e 10.000 anni fa. I segni più antichi accertati, assai pochi per il vero, sono ascritti all’Epipaleolitico (8° millennio a.C.). I più recenti, esclusi gli atti vandalici delle moderne generazioni, datano al XIX secolo.

 Nell’incredibile arco di 10.000 anni le incisioni furono prodotte a ritmi intermittenti e con intensità diverse. Non tanto la quantità, quanto la persistenza millenaria della tradizione istoriativa è l’elemento più stupefacente delle incisioni.

 
  
  CHI?
 

Benchè accomunati da una tradizione incisoria costante nei millenni, gruppi umani diversi la attuarono.

 I CAMUNI (CAMUNNI), ai quali i Romani accennarono poco dopo l’Anno Zero, furono gli incisori dell’Età del Ferro. Dei loro antenati del Bronzo, del Rame e, su su, fino al Neolitico e all’Epipaleolitico, non conosciamo né conosceremo i nomi e, in definitiva, non altro che pochi aspetti faticosamente dedotti dai loro segni misteriosi.

 
  PERCHE’?
 

Le figure ci offrono indizi, ora chiari, ora evanescenti, sulle conoscenze via via acquisite dagli antichi, sulle loro attività, abitazioni, attrezzi, credenze. Se ciò consente entro certi limiti una panoramica sulla loro vita attraverso il tempo, non ci spiega tuttavia cosa si nasconda dietro le apparenze dei carri, delle capanne, delle armi, dei labirinti, della palette …

  Qualsiasi segno è per sua natura un messaggio. Qual è il suo contenuto (un racconto di eventi, una dichiarazione di concetti)? A chi era rivolto (uomini, o divinità)? In quali circostanze veniva inviato (indifferentemente in qualsiasi momento, solo in momenti specifici di un anno, di una vita, in privato, in pubblico)? Chi ne era l’autore (chiunque lo volesse, solo qualcuno con riconosciuta funzione)?

 La consegna dei messaggi alle pietre rivela intenti di eternità, così come temi e simbolismi dichiarano ambiti immateriali, ove vivono le idee, quelle attinenti alla sfera religiosa dell’uomo (come suggeriscono i culti solari) o a quella della sua laicità (come suggerisce l’esaltazione della virilità, dell’eroismo, del prestigio sociale, della forza armata).

Gli studiosi concordano che le incisioni venissero prodotte nell’ambito di riti celebrativi, commemorativi, iniziatici o propiziatori, in occasioni particolari, singole o ricorrenti, sotto la regia di sacerdoti-sciamani-stregoni-capi. Nel corso del tempo le ritualità privilegiarono dapprima la sfera religiosa, poi quella più laica, quest’ultima legata soprattutto alla casta dominante dei prìncipi e dei guerrieri dellle Età del Bronzo e del Ferro.

Ci sfuggono completamente le modalità e i tempi e non osiamo fare affermazioni senza supporto provato. Lasciamo che l’immaginazione, fra i labirinti verdi di Naquane, evochi personaggi, danze musiche, preghiere, invocazioni, cortei, ovazioni marziali. Su tutto, i colpi ritmati, insistenti e corposi di pietre che incidono, incidono, incidono …

 

Il masso 8 di Ossimo

 

 

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