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LA RISCOPERTA

 

  PITOTI
 

Oggi la Valcamonica è abbastanza conosciuta fra le persone di cultura nel mondo, come sinonimo di preistoria e di incisioni rupestri. Prima di cinquant'anni fa era nota solo ai propri abitanti e a pochi suoi frequentatori.

La storiografia camuna del secondo millennio dopo Cristo è piuttosto ricca di riferimenti alle rovine romane, alle divinità pagane e alle leggende legate all’introduzione del Cristianesimo in Valle. Eppure, nessun accenno, benchè minimo, risulta fatto alle incisioni rupestri, che pure venivano eseguite con una certa vigoria ancora nel Quattrocento-Seicento. Gli stessi Romani, installatisi saldamente in Valle negli ultimi cinquant'anni prima di Cristo, non citarono mai il singolare fenomeno, tanto profondo nelle consuetudini di vita montanare, quanto volutamente ignorato a livello ufficiale.

  Le incisioni, quotidianamente sotto gli occhi dei pastori e dei boscaioli, finirono per passare come residui di un non meglio precisabile passato, abitato da streghe e personaggi mitici che attraverso i segni sulle rocce praticavano magie sconosciute. Con la semplicità del gergo locale, i valligiani indicavano i segni con il termine “Pitóti” (pupazzetti), certo senza alcuna consapevolezza del valore culturale immenso che venne in essi intuito solo agli inizi del Novecento.

 

Naquane, Roccia 50

 Porzione centrale

  LA PRIMA ATTENZIONE SCIENTIFICA
 

Walter Laeng, insigne geografo bresciano che da giovanissimo si godeva la Valcamonica nei mesi estivi per le vacanze e più tardi per i suoi studi geografici, rammentò di aver accompagnato nel 1902 la Società degli Amici dei Monumenti Camuni alla “Preda dei Pitoti”, l’attuale Masso di Cemmo Uno, imponente frammento di roccia istoriata. Per la prima volta ufficialmente, egli nel 1909 ne segnalò l’esistenza all’allora Comitato per la protezione dei Monumenti. A sua stessa cura, la Guida D’Italia del Touring Club Italiano citava nel 1914 “due grossi trovanti con sculture e graffiti simili a quelli famosi del Lago delle Meraviglie nelle Alpi Marittime”.

Scomparse da secoli dalle consuetudini e dalla stessa memoria collettiva, le incisioni camune si riaffacciarono dunque al mondo come patrimonio culturale ai primi del Novecento. Intorno ad esse erano destinati a fiorire gli studi, culminati nella sistematizzazione di Emmanuel Anati, fondatore del Centro Camuno di Studi Preistorici in Capo Di Ponte. 

 

 

Cemmo - Masso di Cemmo 1

 Scorcio notturno

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