Nella val Fiorentina per la prima volta nel Veneto è stata documentata la presenza di siti stagionali d'alta quota dell'eneolitico (ca. 3000 A.C.).  Nel Museo di Selva di Cadore sono custoditi frammenti di vasi della terza fase delle Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata, scodelle e strumenti litici e una grande olla. Sul passo Mauria e a Venas sono stati rinvenuti due martelli in pietra che la Carta Archeologica del Veneto data al la metà del III-metà del II millennio A.C. Bisogna poi andare ai ritrovamenti di Crodola a Domegge ; un falcetto e un'ascia ad alette bronzei datati al bronzo recente-bronzo finale (XIII-XII secolo A.C.). Nel 1996 lo  scavo del supermercato di Tai ha portato alla luce a m.1,7 di profondità alcune buche di palo su un suolo antropizzato con frammenti ceramici datati al IX-X secolo A.C. (forse un villaggio?).  La recente indagine a Pozzale  sembra portarci verso lo stesso periodo. Ma è nel V-IV  secolo A.C. che si trovano le tracce di diffusi e importanti insediamenti in Cadore; i motivi potrebbero andare ricercati nella abbondante presenza di  minerali e di legname di ottima qualità oltre alla posizione di confine tra le aree venetiche (Altino alla foce di un paleoalveo del Piave ), celtiche (Gurina nella valle della Gail), retiche (Sanzeno in val di Non). Gli scambi e le influenze con i Reti, i Celti e l'area fino all'Istria sono ben documentate dai bronzetti, dalle armi, dai corredi funerari e dai materiali di Lagole per i riti. Reperti sono segnalati a Valle, Pieve, Lozzo, Calalzo, Domegge, Auronzo; le necropoli scoperte  a Lozzo , Pozzale e Valle testimoniano l'occupazione di tutto il Centrocadore. Il luogo di culto di Lagole,  attivo dal IV A.C. al IV D.C., probabilmente fu il punto d'incontro e di commercio di tutto il Cadore. Il monte Calvario ad Auronzo, attivo quantomeno dal II A.C. al III D.C., e la stipe votiva di Rusecco a Valle dimostrano che i culti erano diversificati, con influenze esterne ben prima dell'arrivo ufficiale dei Romani.                     Le numerose iscrizioni  in tutto il territorio del Cadore (ultime in ordine di tempo quelle di San Vito a 2000 metri di quota) fanno pensare a insediamenti con un ordinamento sociale e religioso complesso, tale da richiedere l'uso della scrittura. Le sepolture diversificate presenti nelle necropoli cadorine, alcune con stele iscritte e altre con corredi molto ricchi, dimostrano una gerarchia. Un'altra testimonianza di una struttura sociale complessa sono le numerose armi ritrovate sia nelle sepolture che in altri contesti. Uno studio della dottoressa Gambacurta sull'elmo di Vallesella afferma che si trattava di una tipologia locale con influenze celtiche d'oltralpe, lasciando quindi immaginare una attività metallurgica in loco già nel IV A.C., come d'altronde gli esami del prof. Molin dell'università di Padova sugli oggetti in metallo del monte Calvario dimostrano con certezza, sia pure per un'epoca molto più tarda (II D.C.). Sicuramente c'erano contatti con la valle della Gail, come dimostrano le lamine bronzee iscritte in venetico ritrovate poco sotto il Monte Croce Carnico contenenti probabilmente  un ringraziamento a una divinità per l'avvenuto passaggio delle Alpi e gli oboli del Norico (piccole monete in argento usate dal I A.C. al I D.C.), scoperte nel santuario del Calvario e a Lagole. Vista la situazione orografica è possibile ipotizzare altri valichi verso la Gailtal, sia da Sappada che da val Visdende, che da val Digon. Mentre tempo fa si spiegava l'insediamento di Gurina per la presenza di minerali, oggi si aggiunge che era fondamentale una linea commerciale che dalla Germania portava fino all'Italia. Il culto di Ercole, dio dei commercianti, comune a entrambi i santuari, è un altro interessante indizio. Resta il dubbio se ci fosse una vera e propria comunità veneta nella Gailtal; solo nuove ricerche potranno chiarirlo. Se pensiamo che ad Auronzo, Lagole, Castellavazzo, monte Altare (Vittorio Veneto), Villa di Villa (Cordignano) si sono trovate monete d'argento del Norico ecco che si delinea un percorso che segue il Piave per poi passare nel Cansiglio per sbucare nella pianura veneta. Tale percorso, oltre ad essere più breve di quello per la Valbelluna e Feltre, consentiva di rimanere nei territori controllati dai Veneti senza incontrare i Reti.  Le Alpi non erano quindi un ostacolo insuperabile, ma bensì un luogo di incontro e di scambio, dove diverse culture si confrontavano.