Architettura Italiana 1

Il primato dell’architettura sulle scelte della citta’

IPOTESI SU CENNI DI METODOLOGIA DELL’ARCHITETTURA URBANA DELLE PERIFERIE IN UNA VISIONE UNITARIA DI URBANISTICA ED ARCHITETTURA NELLA QUALE L’ARCHITETTURA ABBIA IL PRIMATO.

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Dirò, sempre con Francesco di Giorgio, che "nelle estremità della terra .... devono più piazze secondo il bisogno in essa essere ordinate in luoghi che alle dette estremità siano più che si può comuni e comodi". Cioè che non basta pensare a Piazza del Plebiscito e lì solo "gettarvi una montagna di sale", ma bisogna attrezzare di "comodità" i luoghi del quotidiano e che, anche se alle "estremità", come una mano può comodamente e normalmente grattarsi l’ombelico, così le estremità della città debbono potersi ritrovare al centro dell’attenzione della vita della città stessa.

Non elencherò tutte e ventuno le condizioni del Martini, anche perché io penso che in urbanistica come in Architettura non si può dire cosa fare, ma si deve dire cosa non si può fare (ricordando i dieci punti dell’architettura di Nicola Pagliara).

Eppure prima vorrei farvi toccare con mano quanto tutto era già scritto; e che l’urbanistica non è altro che l’ingegneria del territorio, incapace a leggere profondamente nelle qualità della vita di una città o di un territorio, che è totalmente "composizione dello spazio" per la nostra vita.

Dirò pertanto inoltre:

"il foro per il mercato di portici e logge debba essere circondato": cioè si pensi all’Architettura delle Funzioni e non solo ad esse in quanto tali, affidandole a sagome o a retini più o meno colorati sui piani regolatori, né a squallide e futuribili visioni computerizzate, che falsificano la realtà come la Tv ai bambini non fa più discernere la realtà dalla finzione nella vita.

E ancora, decimosesto:

"i fabbri e mastri di legname per gli strepiti, e i calzolari per l’immondezza, siano fuori delle strade principali";

Filarete – costruzione di edifici primitivi

decimottavo:

"siano i beccai distribuiti in quattro, cinque luoghi per la terra più comodi";

decimonono:

"le arti che in sé avessero qualche sporcizia siano in luoghi segregati da queste";

e via dicendo.

In pratica Di Giorgio voleva che si attuasse modernamente il nostro Piano Urbano Commerciale, vale a dire voleva che nessuna strada esclusa, quindi anche quelle delle periferie, non fosse abbandonata alla sporcizia e non divenisse "postribolo".

"Ultimamente" Francesco ci ordina "che tutte le parti siano alla città tutta corrispondenti e proporzionate, come i membri al corpo umano".

Modello Antropometrico – (Codice Cesariano)

Tutto questo o parte di questo ci veniva ammonito nel 1482, ma oggi che certamente le nostre città non stanno meglio di quelle rinascimentali, pur se è vero che non gettiamo l’urina dalle finestre, abbiamo le fognature, che però scoppiano regolarmente nelle nostre periferie e non solo. Abbiamo le ferrovie che ci passano negli androni dei palazzi delle case delle nostre periferie e non solo. Insomma oggi che ci troviamo dinanzi ad una sommatoria esponenziale di disastri, vediamo cosa si deve dire che non si può fare o ritenere, certi che alla base del nostro "fare" vi deve essere la volontà di "dare forma fisica al mondo interiore".


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  • Le immagini dei progetti di Ermanno Corsaro sono tratte dalle opere pubblicate e dal repertorio dell’autore.

    Nota biografica.

    Ermanno Corsaro è nato a Catania il 6-9-53. Si è laureato con lode a Napoli nel ’78. Ha collaborato fino all’83 all’Istituto di Progettazione della stessa Facoltà. Vincitore di concorso è docente di Discipline Architettoniche al Liceo artistico di Napoli. Ha partecipato a numerosi concorsi e mostre Nazionali ed Internazionali, ricevendo premi e segnalazioni ufficiali. Molte opere sono pubblicate su varie riviste e cataloghi.

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