Novembre 2002
Leggendo un articolo che discuteva del nuovo videogioco che sarà commercializzato a breve - se gli organismi preposti lo riterranno commercializzabile - mi sovviene una riflessione.
Il videogioco in questione si chiama "Mafia" e le perplessità che desta sono legate al fatto che vince chi riesce a fare carriera nella malavita, chi riesce a diventare, da semplice ragazzino al servizio del boss, un boss egli stesso.
Beh, contro questo gioco si sono scatenati anche i politici e, da un punto di vista morale, non fa una piega perché certamente sarebbe più utile ed edificante far sì che i nostri ragazzi in crescita sidentifichino con eroi positivi, non negativi.
Detto questo, mi sovviene un approfondimento: non è il primo videogioco del genere, altri "sparatutto" sono già in commercio e vedono la missione del gangster in azione e vincitore, stessi eroi negativi in cui si possono identificare i ragazzi, ..
Siamo, però, veramente sicuri che questa trasposizione nel gioco sia diseducativa?
Ossia, se un ragazzo scarica diciamo la sua aggressività in un gioco e nellidentificazione virtuale in un boss della malavita o in un gangster, potrebbe essere che sfoga così le sue aspirazioni "di ruolo" uscendone appagato.
Potrebbe essere che, già sperimentato in maniera virtuale, il nostro ragazzo non abbia bisogno o non sia tentato dalla curiosità di provare "il ruolo" in maniera reale.
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