ELISABETTA SIRANI, il '600 al femminile

 

 

 

Elisabetta Sirani nasce a Bologna nel 1638 e muore alla giovane età di 27 anni (nel 1665) a causa – probabilmente – di un avvelenamento; nacque e visse nella Bologna della Controriforma: seconda città dello Stato Pontificio in cui la vita culturale era ricca e stimolante.

 

Elisabetta Sirani visse in un’epoca storica in cui – per una donna – non era facile emergere. Forse nella ricerca di una difficile via d’uscita dall’ombra, dipinse in maniera febbrile quasi duecento opere, a partire dall’età di 17 anni e per soli 10 anni.

Era brava, sì, di certo non meno brava d’artisti suoi contemporanei più famosi.

 

Il periodo artistico era quello che vide affermarsi la scuola di Guido Reni a cui partecipò, tra gli altri, il padre di Elisabetta, Giovan Andrea Sirani. Egli trasmise l’insegnamento del classicismo reniano alla figlia Elisabetta.

 

I dipinti in quell’epoca erano prevalentemente commissionati dalla Chiesa e, pertanto, raffiguravano scene religiose.

 

Elisabetta Sirani dipinse prevalentemente Madonne alle quali – però - cercò di dare un tocco di vita terrena, innovando – così - le intangibili forme reniane.

In “Madonna della colomba”, la Madonna è dipinta con un’innovativa colomba in mano; in “Madonna della pera” del 1664 esposto alla Pinacoteca di Faenza, il Bambino è ritratto con una innovativa pera in mano; in “Madonna col Bambino e San Giovannino” del 1664 esposto a Pesaro ai Musei Civici, il Bambino ha in mano dei fiori.

 

Elisabetta dipinse anche dei ritratti ma quest’attività non fu primaria per la Sirani.

Ricordiamo: “Ritratto di Vincenzo Ferdinando Ranuzzi” (1663), bellissimo ritratto denso di colore e d’intensità espressiva, custodito al Museo Nazionale di Varsavia; “Ritratto della Signora Ortensia” del 1661, custodito a Madison negli U.S.A., ritratto eseguito con una cura dei particolari molto accentuata al punto che pure le occhiaie di Ortensia sono dipinte!.

 

Elisabetta era una donna e non nascondeva una sua vena femminista nel mettere in primo piano le donne, sempre forti, determinate, volitive come in “Timoclea precipita nel pozzo il Capitano di Alessandro Magno” dove raffigura Timoclea che scaraventa nel pozzo il Capitano che l’aveva violata.

 

Fece anche dipinti allegorici come “L’allegoria della liberalità” del 1658, collezione privata, in cui libertà fa rima con denaro visto che raffigura una donna con un piatto pieno di monete.

 

Un’iconografia classica per il Seicento era la figura della giovane e bella penitente Maddalena. Tutti i pittori dell’epoca – naturalmente – si sono sbizzarriti sull’argomento ma Elisabetta introdusse un elemento di novità ritraendo la Maddalena con un’attenzione tutta femminile al corpo della donna, inteso come campo espressivo di specifici stati d’animo, raffigurandola in una consolatoria tenerezza materna.

 

Elisabetta Sirani, come ho scritto all’inizio, morì precocemente per supposto avvelenamento.

 

I suoi dipinti meritano di essere valorizzati.

 

E’ aperta a Bologna una bella mostra sulle opere di Elisabetta Sirani, presso il Museo Civico Archeologico in Via dell’Archiginnasio, a due passi dalla Basilica di San Petronio, dal 4 dicembre 2004 al 27 febbraio 2005.

 

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