SETTE IN CONDOTTA

 

giugno 2001

Governare le nuove leve, spesso cattive e volgari, con il ripristino del sette in condotta?

Poche idee e ben confuse!!

La logica di premi e punizioni non è – secondo me - applicabile con profitto ai giorni nostri. Qual è il premio? Il bel voto? La bella figura con i genitori? Perché sacrificarsi allo studio quando è più forte il desiderio di consumare che d’imparare? Perché sacrificarsi allo studio quando la società è improntata ai miti della facilità e del successo, della fretta e del cinismo? Perché prendere seriamente l’impegno scolastico quando, spesso, i primi a non mostrare voglia sono proprio gli insegnanti?

Certo il mestiere dell’insegnante, dagli anni settanta, ha perso ruolo sociale, prestigio culturale ed appetibilità economica e non sono bastati i cinque anni di governo di centrosinistra a dare lustro alla professione. Più che mai, invece, è importante la passione dell’insegnante, la sua capacità di suscitare fiducia negli studenti, di coinvolgerli, di stimolare voglia ed attenzione. Un insegnante che ha queste capacità dovrebbe essere pagato tre volte tanto lo stipendio che prende oggi.

La fiducia negli insegnanti sfiorava il 70% nel 1983, si era ridotta al 63,1% nel 1992 ed è scesa ancora al 58,1% nel 2000 (rapporto IARD, fascia 15-24 anni).

I ragazzi non sono contenitori da riempire, da qui – secondo me – viene la loro inquietudine.

Essi vivono il conflitto tra, da un lato, i miti vacui e superficiali della società del consumismo e del denaro facile e, dall’altro, il senso innato della giustizia, della bellezza, della ricerca.

Tra la strada della leggerezza (facile) e quella dell’impegno (difficile) .

Ma cosa ci guadagnano ad impegnarsi?

Siamo in grado, noi adulti, di rispondere a questa domanda?

Io risponderei: soddisfazione, identità personale, felicità interiore, autostima. Con la cultura posso diventare ricco oppure no ma sarò sempre un signore. Senza o con poca cultura posso anche diventare ricco oppure no ma sarò sempre un ignorante.

 

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