L'EVOLUZIONE DELLA PREGHIERA

 

 

Dicembre 2003

Prega ogni giorno il 34,6 % degli italiani, uno su tre; più di una volta la settimana il 17,2%; almeno una volta la settimana il 9,4%.

Pregare – oggi – però non significa andare in Chiesa, cioè solo una piccola percentuale di coloro che pregano lo fanno andando in un luogo di culto.

La preghiera è – oggi – una forma di spiritualità individuale: sono pochi coloro che vanno alla Messa ma sono tanti coloro che si raccolgono in preghiera davanti ad un luogo sacro od accendendo un cero, in qualsiasi momento della giornata, casuale o voluto. Non necessariamente seguendo il rituale della mani giunte ma, più spesso, in un’intima preghiera, una meditazione, l’espressione di un desiderio, anche tra le mura di casa invocando Dio, un Santo, un Angelo.

Chi anche ateo, non ha mai provato una forma di spiritualità così come l’ho descritta poc’anzi?

Il bisogno di spiritualità è l’antidoto alle paure ed al mistero della vita, è un bisogno umano ed ineluttabile.

Pensiamo anche solo alla diffusione dei mantra tra i giovani e meno giovani, sono preghiere che danno conforto e ci restituiscono quell’individualità e quell’umanità troppo spesso negata da una società consumistica in cui è qualcuno colui che possiede qualcosa e non colui che è sé stesso con la sua personalità, i suoi pregi ed i suoi difetti.

Quelle percentuali, inoltre, dimostrano che il bisogno di spiritualità cresce e si trasforma in presenza di consumismo e modernità, quasi a compensarne le alienazioni.

La preghiera sembra, inoltre, possa avere effetti benefici sulla salute, è una forma di rilassamento mediato dalla speranza ed al proposito il National Institute of Health stà sovvenzionando ricerche. Dico di più, il 70% delle facoltà di medicina americane offre corsi di spiritualità.

Eh sì, il futuro della spiritualità è tutt’altro che al tramonto!

Cosa ne pensi?

Scrivi a:

Malaguti.cinzia@iol.it

HOME PAGE