Tra il 1940 ed il 1970 si sviluppa negli Stati Uniti una
nuova arte: l’espressionismo astratto,
anche chiamato “action painting”.
Sì, pittura d’azione perché d’azione, di cambiamento
artistico si tratta, un’arte che fece “rumore” perché diversa.
La tecnica dello
sgocciolamento (dripping) caratterizza questo periodo artistico e consiste
nel gettare una macchia di colore che colando sulla tela – sotto la regia
dell’artista – disegna tratti astratti ma non casuali. Per arrivare al
risultato finale, infatti, l’artista esegue diverse prove con disegni e
bozzetti.
L’uso del colore per esprimere emozioni e sentimenti è,
naturalmente, molto usato e compensa, in una certa misura, l’astrattismo di
tanti dipinti. Il nero e gli altri colori cupi sono lì ad esprimere
drammaticità mentre il rosso ed i colori chiari sono lì ad esprimere vivacità
in una dualità della vita fatta di tinte chiare e di tinte scure, di momenti
drammatici e di momenti felici.
Questa dualità è ben rappresentata da Adolph Gottlieb nel suo “Luminescenza verde” del 1970.
Jackson Pollock è colui che apre il sipario
all’”action painting” ma in realtà la sua arte è solo un raffinamento dei
tratti pittorici più grezzi di Hans
Hofmann.
Ho visto un’ampia carrellata d’opere dei diversi artisti
dell’arte astratta americana al Foro Boario di Modena e, devo dire, che ho
apprezzato in modo particolare:
-
Arshille Gorky, d’origine armena, arriva negli
Stati Uniti nel 1920 e si caratterizza per il suo stilo conteso tra surrealismo
ed espressionismo astratto; il suo soggetto preferito è la natura che riproduce
intrisa di connotazioni immaginarie, poetiche ed astratte. I tratti dei suoi
dipinti sono visibilmente studiati e le forme, seppur astratte, si ricollegano
ad una realtà immaginabile.
-
Joan Mitchell è una delle poche donne a
partecipare e contribuire all’Espressionismo astratto, seppur nella seconda
fase; il suo stile è caratterizzato da pennellate leggere con colori mischiati
il meno possibile e fa un grande uso di tinte blu e verdi, avvolgenti e
rassicuranti; emblematico è il bel “Un posto per i cuccioli” del 1976.
Tra gli altri, vorrei citare Willem De Kooning con le sue “strisciate” di pennello, William Congdon con i suoi paesaggi
evocativi e trasfigurati, Sam Francis
con la sua dualità tra rosso e nero, Franz
Kline e Robert Motherwell con la
loro dualità tra bianco e nero, Mark
Rothko e la sua inquietudine, Clyfford
Still e le sue forme (“Jamais” del 1944), Conrad Marca-Relli con i suoi collage e pittura.
Sono i colori, come vengono usati, come vengono combinati
che fanno la differenza ….almeno per lo spettatore! L’astrattismo delle forme,
in molti di questi dipinti, è tale – infatti - che diventa difficile
individuare un percorso reale; insomma, quello che n’esce è ……..un’emozione
suscitata da un pensiero individuale astratto!
“Action Painting – Arte americana
1940-1970: dal disegno all’opera”
MODENA – FORO BOARIO
dal 21.11.2004 al 27.02.2005
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