CONVIVENZE O UNIONI DI FATTO O PACS 

 

 

 

Luglio 2006

 

Le statistiche ci dicono che il 58,7 % degli italiani considera le convivenze “una delle possibilità della vita di coppia”, pur non giudicando superato il matrimonio.

La crescita delle convivenze, registrata negli ultimi anni, testimonia che - anche in Italia – il matrimonio non è l’unica scelta di una coppia.

Il problema è che i legislatori italiani sono lenti a recepire i cambiamenti che intervengono nella società civile, cosicché – ancora oggi - il matrimonio e la convivenza non hanno parità di diritti e doveri, in Italia.

 

Fino a qualche anno fa, la coppia di fatto – specialmente per i giovani – era un passaggio, una prova, prima di arrivare al matrimonio; per le coppie di fatto d’oggi, invece, è più spesso una scelta di vita.

 

Una scelta di vita è stata, ad esempio, la mia convivenza.

Una convivenza che è durata 13 anni e si è conclusa per causa di forza maggiore, la morte del mio compagno.

La scelta di convivenza, condivisa da entrambi, senza alcuna forzatura da una parte o dall’altra, era motivata dalla considerazione che due persone che si vogliono bene non hanno bisogno di un contratto per stare insieme; quel contratto può più facilmente affossare la coppia, rendendo già acquisite delle posizioni.

Nel matrimonio, non avendo più nulla da conquistare e più nulla da perdere, il rapporto di coppia può più facilmente scivolare nella routine e nella noia.

L’assenza di vincoli matrimoniali, tra due persone che si vogliono bene, li fa – invece - vivere il quotidiano dando il meglio per confermare e mantenere l’unione.

L’assenza di vincoli matrimoniali – in ultima analisi - valorizza la spontaneità degli affetti, non costringendo le persone a stare insieme, solo per effetto del contratto stipulato.

Scusate se parlo di matrimonio in termini di “contratto stipulato, ma tale è, con i suoi pro ed i suoi contro, come qualsiasi contratto.

 

 

I motivi a favore del matrimonio riguardano, principalmente, i diritti che si acquisiscono per la successione, per le agevolazioni legate al nucleo familiare, per la tutela dei figli, per le decisioni in caso d’emergenza sanitaria, ecc..; i doveri – invece – sono gli stessi.

I detrattori delle unioni di fatto legano il matrimonio alla tutela dei figli, ma questo è un falso problema, perché due genitori non stanno di più insieme solo perché c’è il matrimonio a complicargli la separazione.

Voglio dire che se due genitori stanno insieme, anche se non vanno più d’accordo, vorrei sperare che non è per via del vincolo matrimoniale, ma per l’amore dei figli e questo vale sia per una coppia sposata che per una convivente. Certo è una questione di responsabilità e di maturità della coppia, ma questo con le unioni di fatto non c’entra nulla.

 

In Spagna, il governo Zapatero non ha esitato a riconoscere i diritti alle coppie di fatto, in Italia il nuovo governo si è impegnato nel suo programma a dare dignità di coppia alle coppie di fatto, i cosiddetti PACS. Lo aspettiamo fiduciosi, consapevoli che la Chiesa si metterà di traverso.

E’ – tuttavia – una strada obbligata per una paese civile!

 

I registri comunali delle unioni di fatto, sono oggi una cinquantina.

Roma (Municipio X), nel limite della propria autonomia, oltre ad aver attivato un registro delle coppie di fatto, lo ha dotato di una serie di piccoli diritti per le coppie che si iscrivono.

Non è un caso isolato, ma ora aspettiamo il Parlamento, il nostro legislatore!

 

 

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