Novembre 2005
Il petrolio è il
motore dell’economia mondiale.
Il petrolio è una
fonte energetica non rinnovabile, cioè và ad esaurimento.
Le quantità di petrolio
estratte devono rispondere all’effettivo fabbisogno, per non trovarci con un
prezzo “alle stelle” che genererebbe recessione.
Esiste un punto
critico oltre il quale non è più possibile incrementare l’estrazione di greggio
perchè la produzione è arrivata al suo culmine; a partire da quel punto, la
produzione di petrolio inizia il suo declino. Tendenzialmente, questo momento
coincide con l’esaurimento di circa metà delle riserve.
I paesi produttori,
con in testa l’Arabia Saudita, lasciano trapelare solo qualche dato generico
sulle proprie riserve, non forniscono dettagli né su quanto petrolio venga
estratto dai singoli pozzi, né sui metodi utilizzati e non consentono alcun
tipo di verifica da parte d’osservatori stranieri.
Negli ultimi anni, la
domanda globale è cresciuta, soprattutto per effetto della crescita economica
della Cina.
Quando verrà raggiunto il peak oil/picco massimo di
produzione oltre il quale inizierà il declino produttivo delle riserve
petrolifere?
Saremo in grado di intervenire, per tempo, con fonti
alternative?
Cosa potrebbe nascondere la reticenza informativa dei paesi
produttori di petrolio?
L’Arabia Saudita, che è il maggior produttore di petrolio,
ha promesso di incrementare la sua capacità produttiva e arrivare, entro il
La reticenza con cui forniscono dati ed informazioni sullo
stato delle riserve dovrebbe, quantomeno, insospettire.
Facciamo un’ipotesi: se dicessero di non riuscire - nel breve
termine - a soddisfare il fabbisogno mondiale o di non essere certi di
riuscirci, i paesi consumatori sarebbero indotti a pensare seriamente a fonti
alternative, per non rischiare la recessione economica.
L’utilizzo di fonti alternative farebbe crollare la domanda
di petrolio che causerebbe una diminuzione del suo prezzo e, quindi, minori
introiti per gli sceicchi arabi.
Meglio, allora, tacere o dire mezze verità per non
allarmare!
Gli esperti ci dicono che, se non si adotteranno misure di
contenimento alla carenza di petrolio con almeno dieci anni d’anticipo rispetto
al punto critico (peak oil), andremo incontro ad una crisi di lungo periodo.
La riduzione progressiva della disponibilità del petrolio,
infatti, ne farebbe aumentare il prezzo. Il costo elevato del petrolio farebbe
aumentare il prezzo dei beni al consumo. L’aumento generalizzato dei prezzi
genererebbe inflazione, quindi minori consumi, quindi crisi aziendali, quindi
recessione economica.
Oggi non ci è dato di sapere quando raggiungeremo il
peak-oil ma, dovremo cominciare a preoccuparci seriamente per trovare fonti
alternative al petrolio. La sola reticenza informativa dei paesi produttori
dovrebbe far riflettere i governi dei paesi consumatori. Il problema è che le
lobby petrolifere (corporazioni che lucrano nel commercio dei prodotti
petroliferi) hanno troppi interessi in quell’area e la loro potenza è tale da
influenzare le scelte dei governi occidentali.
Secondo le valutazioni degli esperti, finora abbiamo
consumato circa la metà delle riserve totali disponibili, pertanto non ci
rimane tanto tempo per impedire la recessione economica!!
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