ORO NERO, quello che gli arabi non dicono 

 

 

 

 

Novembre 2005

 

Il petrolio è il motore dell’economia mondiale.

 

Il petrolio è una fonte energetica non rinnovabile, cioè và ad esaurimento.

 

Le quantità di petrolio estratte devono rispondere all’effettivo fabbisogno, per non trovarci con un prezzo “alle stelle” che genererebbe recessione.

 

Esiste un punto critico oltre il quale non è più possibile incrementare l’estrazione di greggio perchè la produzione è arrivata al suo culmine; a partire da quel punto, la produzione di petrolio inizia il suo declino. Tendenzialmente, questo momento coincide con l’esaurimento di circa metà delle riserve.

 

I paesi produttori, con in testa l’Arabia Saudita, lasciano trapelare solo qualche dato generico sulle proprie riserve, non forniscono dettagli né su quanto petrolio venga estratto dai singoli pozzi, né sui metodi utilizzati e non consentono alcun tipo di verifica da parte d’osservatori stranieri.

 

Negli ultimi anni, la domanda globale è cresciuta, soprattutto per effetto della crescita economica della Cina.

 

Quando verrà raggiunto il peak oil/picco massimo di produzione oltre il quale inizierà il declino produttivo delle riserve petrolifere?

Saremo in grado di intervenire, per tempo, con fonti alternative?

Cosa potrebbe nascondere la reticenza informativa dei paesi produttori di petrolio?

 

L’Arabia Saudita, che è il maggior produttore di petrolio, ha promesso di incrementare la sua capacità produttiva e arrivare, entro il 2009, a produrre 12,5 milioni di barili al giorno ed anche di più negli anni successivi.

La reticenza con cui forniscono dati ed informazioni sullo stato delle riserve dovrebbe, quantomeno, insospettire.

Facciamo un’ipotesi: se dicessero di non riuscire - nel breve termine - a soddisfare il fabbisogno mondiale o di non essere certi di riuscirci, i paesi consumatori sarebbero indotti a pensare seriamente a fonti alternative, per non rischiare la recessione economica.

L’utilizzo di fonti alternative farebbe crollare la domanda di petrolio che causerebbe una diminuzione del suo prezzo e, quindi, minori introiti per gli sceicchi arabi.

Meglio, allora, tacere o dire mezze verità per non allarmare!

 

Gli esperti ci dicono che, se non si adotteranno misure di contenimento alla carenza di petrolio con almeno dieci anni d’anticipo rispetto al punto critico (peak oil), andremo incontro ad una crisi di lungo periodo.

La riduzione progressiva della disponibilità del petrolio, infatti, ne farebbe aumentare il prezzo. Il costo elevato del petrolio farebbe aumentare il prezzo dei beni al consumo. L’aumento generalizzato dei prezzi genererebbe inflazione, quindi minori consumi, quindi crisi aziendali, quindi recessione economica.

 

Oggi non ci è dato di sapere quando raggiungeremo il peak-oil ma, dovremo cominciare a preoccuparci seriamente per trovare fonti alternative al petrolio. La sola reticenza informativa dei paesi produttori dovrebbe far riflettere i governi dei paesi consumatori. Il problema è che le lobby petrolifere (corporazioni che lucrano nel commercio dei prodotti petroliferi) hanno troppi interessi in quell’area e la loro potenza è tale da influenzare le scelte dei governi occidentali.

 

Secondo le valutazioni degli esperti, finora abbiamo consumato circa la metà delle riserve totali disponibili, pertanto non ci rimane tanto tempo per impedire la recessione economica!!

 

 

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