L'ABBONDANZA E ...... LA "MUCCA PAZZA"

 

 

Io sono nata alla fine dell’anno 1958. La televisione era un bene quasi di lusso, si comprava la pasta o il tonno in piccoli involti di carta gialla, la marmellata e la cioccolata si vendevano a grammi, sfuse e la carne si mangiava una volta la settimana. Così la mggior parte delle famiglie italiane.

I dati statistici di quegli anni affermano che il 38% delle famiglie italiane non acquistava mai carne (non per scelta), il 27% faceva un solo acquisto la settimana ed il 15% entrava almeno due volte la settimana in macelleria; solo il 20% comprava carne tre o più volte la settimana.

Il boom economico ha progressivamente cambiato le abitudini alimentari degli italiani e la modernizzazione è stata una conquista di chi ha vissuto in quegli anni.

Il maggior uso di carne ha, da un lato, eliminato parecchi rischi patologici, legati soprattutto a malattie da deficienze immunitarie, sollevandone però altri: quelli delle malattie cardiovascolari e neoplastiche.

L’aumento della domanda di carne ha prodotto un’offerta intensiva, con animali (non solo i bovini) allevati ad antibiotici (così si ammalano meno), con ormoni (così ingrassano e pesano di più), con farine animali (così si rinforzano). L’abbondanza ha prodotto la "mucca pazza".

I prioni, le proteine responsabili della BSE – encefalopatia spungiforme o sindrome della mucca pazza – sono un risultato dell’inquinamento alimentare che ora tutti temiamo insieme agli altri effetti negativi del benessere (inquinamento dell’aria, effetto serra, malattie post-moderne, ecc.).

Una via d’uscita? Ci sarà una via di mezzo tra la scarsità degli anni cinquanta e sessanta e l’abbondanza degli anni ottanta e novanta!?! Forse, l’allarme mucca pazza c’indurrà a modificare nuovamente le nostre abitudini alimentare, mangiando meno carne e più verdure e cereali, con beneficio per la salute del nostro cuore e delle nostre arterie!

Attenzione, a non fidarsi troppo dell’etichetta "carne italiana" apposta sui tagli nelle macellerie: basta che un animale sia allevato solo per qualche mese, prima della macellazione, in Italia per diventare "carne proveniente da allevamento italiano" e, comunque, carne indicata genericamente "italiana" non specifica se nata, allevata o solo macellata in Italia.

Occhio all’etichetta!!

Buon appetito!

 

scrivi a:

malaguti.cinzia@iol.it