IL LAVORO MINORILE

 

 

gennaio 2004

Quella del lavoro minorile non è una piaga debellata.

Il maggior numero di bambini lavoratori vive nei paesi in via di sviluppo dell’Asia meridionale ed orientale mentre la più alta percentuale si trova nell’Africa subsahariana dove si stima che il 29% dei bambini di 5-14 anni lavori per sopravvivere; nei paesi sviluppati questa percentuale non è zero bensì il 2%!

I genitori mandano i bambini al lavoro per raggiungere il livello di sussistenza.

La povertà è la molla del lavoro minorile.

I divieti legislativi servono a poco se non si avviano contemporaneamente forme di miglioramento salariale, in presenza d’equilibri socio-economici multipli.

In un equilibrio singolo, invece, il restringimento della base lavorativa, a seguito del divieto di assumere mano d’opera minorile, induce il datore di lavoro – che deve fare con il personale adulto che rimane – ad aumentare i salari permettendo così ai genitori di mandare i figli a scuola anziché a lavorare.

In un equilibrio multiplo, invece, ci sono domande di lavoro diversificate e gli equilibri si posizionano su più livelli (il basso salario e l’alto salario con tutti gli intermedi); le esigenze economiche variano così da famiglia a famiglia e, quindi, anche la soglia raggiunta la quale i genitori non fanno più lavorare i loro bambini. Un intervento legislativo in queste condizioni socio-economiche non riduce il lavoro minorile se non vengono adottate anche misure d’integrazione e/o d’incentivo allo studio dei minori.

Influiscono, poi, gli aspetti sociali: se pochi genitori mandano i loro figli minori a lavorare, essi saranno socialmente in difficoltà e, prima o poi, smetteranno; se, invece, in una determinata società il lavoro minorile è diffuso, nessuno ci farà più caso, sarà un fatto normale ed il lavoro minorile continuerà indisturbato.

Tutto questo per dire che per far cessare il lavoro minorile occorre una sinergia d’interventi: economici, politici, legislativi, sociali.

Si stima che più d’otto milioni di bambini siano venduti come schiavi a causa dei debiti contratti dai loro genitori oppure costretti a fare i soldati o a svolgere attività illecite come la prostituzione.

Circa mezzo milione di loro vive in aree sviluppate, come gli Stati Uniti e l’Unione Europea, dove sono sfruttati prevalentemente nella prostituzione e nel traffico di stupefacenti.

Il problema non è così distante da noi, non riguarda solo paesi lontani.

Non nascondiamo la testa sotto la sabbia!!!

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