di Graham Greene
E’ una storia di spionaggio intessuta
in quella che allora si chiamava Indocina, cioè il
Vietnam, poco prima della sconfitta della potenza coloniale francese.
Un cinico e non più giovane reporter
inglese di nome Fowler, un giovane idealista agente segreto americano di nome
Pyle ed una giovane e bella vietnamita di nome Phuong sono i protagonisti del
racconto.
La narrazione è scorrevole ed è
assolutamente pregevole lo stile che permette al lettore di immaginare in ogni
dettaglio la scena raccontata come se la stesse guardando.
Il passaggio narrativo da un contesto
all’altro, aggiungendo sempre nuovi elementi all’uno ed all’altro, per arrivare
all’esito finale dà al romanzo il carattere del giallo ed alla tecnica
narrativa una nuova impronta, quella tipicamente cinematografica.
E’ una storia realista scritta da chi
in Indocina è stato sia come inviato, sia come reporter di guerra, ma non è una
storia di guerra; è una storia in cui la guerra è raccontata così com’è raccontato l’amore, così come è raccontata la follia
dell’idealismo americano che in nome della Democrazia giustifica tutto.
Quest’ultimo aspetto rende il romanzo
di Greene sorprendentemente attuale: in nome
dell’esportazione della Democrazia e della cacciata del vero o falso
dispotismo che ieri - e nel romanzo -
aveva la figura della minaccia comunista ed ora quella di Saddam, si può
giustificare morte e dolore, si possono uccidere civili, donne e bambini
inermi.
Pyle, in previsione della sconfitta
francese per opera dei partigiani di Ho Chi Min, vuole – in assoluta buona fede
– favorire l’affermarsi di una “terza via” vietnamita, in grado di assumere il
potere e di bloccare la minaccia comunista; si affiderà ad un dispotico
generale rendendo la cura ben peggiore del male.
Il finale è a sorpresa e, da buon
giallo, verrà svelato solo nelle ultime pagine.
Il romanzo, pubblicato nel 1956, non
piacque agli americani statunitensi che lo bollarono come antiamericano e l’autore
come “persona non grata”.
Graham Greene, l’autore, nacque in
Inghilterra nel 1904 e morì in Svizzera nel 1991, fu giornalista e scrittore
impegnato politicamente, attraverso i suoi racconti, a combattere l’ingiustizia.
Egli disse: “ Il nostro dovere di
scrittori è quello di essere un granello di sabbia negli ingranaggi dello
Stato.”
Di granelli di sabbia nell’ingranaggio
della politica estera degli Stati Uniti ne ha messi parecchi: le dittature
latino-americane tollerate e spesso sostenute dagli Stati Uniti in nome della
“lotta al comunismo” gli diedero lo spunto per scrivere romanzi come “Il nostro
agente all’Avana” sulla Cuba di Batista o come il “Console onorario” sul
Paraguay nazista, la “lotta al comunismo” in salsa asiatica gli diede lo spunto
per scrivere “L’americano tranquillo” che, attenzione, fu scritto prima della
guerra americana in Vietnam (quella trattata nel romanzo era la guerra
colonialista).
“L’americano tranquillo” può ritenersi
uno dei libri più belli e più pungenti scritti da Greene.
Se superate la lettura delle prime
pagine che sono d’ambientazione, le altre ….le divorerete!
Scrivi a: