”Nascita del giorno”
L’occasione per conoscere Jean Mirò mi viene data dalla mostra allestita
al MART di Rovereto (TN) fino al
28.11.2004. Sono esposte 100 opere di cui 60 sculture, 5 dipinti ed oltre 30
tra disegni, acquarelli ed arazzi, realizzati dall’artista catalano.
Jean Mirò, artista ermetico e
surrealista, nasce a Barcellona nel 1893 e muore a
Palma di Maiorca nel 1983.
Come i surrealisti non
considera la pittura come un fine ma come un mezzo con
cui lasciare dei germogli, spargere delle sementi da cui nasca dell’altro.
Jean Mirò non rappresenta
la realtà bensì gli piace animare gli oggetti, le cose inanimate.
Li
arrotonda, li compone, li dispone in modo da evocare e rappresentare movimenti
e sentimenti.
Per Mirò le forme non sono stabili
e definite ma in continua metamorfosi che egli raffigura allo stato nascente.
Disse di sé Mirò: “Per me, l’avete visto nel mio lavoro,
ogni forma può generarne un’altra, bisogna che ogni opera sia una nuova nascita
e ho potuto realizzarle quando sono stato liberato
dalle cose che appesantivano il mio cammino, le idee preconcette, le idee
acquisite.”
La donna è il soggetto preferito nelle sue rappresentazioni
scultoree. Una donna, però, rappresentata non nella
sua integrità ma nei valori di volta in volta ad essa
attribuiti.
La donna, per Mirò, è simbolo di fecondità come in
“Maternità” del 1969 ma anche simbolo di drammaticità come in “Donna” del 1968
dove una testa di donna è rappresentata come un deposito lavico.
Per Mirò,
donna è sinonimo d’universo, nel bene e nel male.
I dipinti di Mirò si distinguono,
oltre che per il loro ermetismo, anche per
le
fiammate di colore.
Disse ancora l’artista: “Per me un quadro deve essere come
un insieme di fiammelle; è necessario che abbagli come la bellezza di una donna
o di un poema”.
Di lui disse il collega Alberto Giacometti
nel 1959: “Era tanto autenticamente pittore che gli bastava lasciare tre
macchie di colore sulla tela perché essa prendesse vita e fosse un quadro”.
Questo è tanto vero se osserviamo la serie “Nascita del
giorno” e “Volo d’uccello alle prime luci dell’alba”, splendidi oli su tela del
1964.
Disse ancora Mirò: “In un quadro dobbiamo poter scoprire cose nuove ogni volta che lo vediamo ma possiamo guardare un quadro per una settimana e non pensarci mai più; possiamo anche guardare un quadro per un secondo e pensarci per tutta la vita.”
Certi dipinti hanno tratti
infantili ed è probabilmente all’infanzia che egli si richiama quale forma
di libertà espressiva, naturale, libera da preconcetti.
Si vedano, al proposito, le tante opere disegnate con
carboncino e acquarello o pennello e inchiostro di china.
Con Mirò il dipinto diventa fecondo, nasce una creatura nuova: quella che
ognuno, a modo suo, riesce a vederci.
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