Luglio 2005
L’elezione
a Presidente dell’Iran dell’ultra conservatore Mahmoud Ahmadinejad merita una
riflessione.
Ho
visitato l’Iran e, certo, guidata necessariamente lungo i percorsi turistici,
non è stato possibile conoscere la vera realtà iraniana. Tuttavia, per un’acuta
osservatrice come me, pochi dettagli possono bastare per farsi un quadro della
situazione.
Il
peso della religione ed il controllo opprimente del clero sulla vita della
popolazione è percepibile in ogni angolo ed in ogni sguardo.
I
tanti giovani che incontri per strada esprimono, tuttavia, speranza, curiosità
e dignità.
L’Iran
è un paese prevalentemente giovane che vive tra vizi privati (feste all’occidentale
nelle case) e pubbliche virtù (abbigliamenti castigati all’aperto).
Secondo
le stime ufficiali (cioè sottostime) i poveri rappresenterebbero il 27% della
popolazione.
Non
ho visto mendicanti e, credo, che realmente non ce ne siano (o ce ne siano pochi)
perché il sistema politico iraniano è fondato sull’assistenzialismo.
Ahmadinejad
ha vinto perché ha esaltato giustizia sociale (equa distribuzione della
ricchezza) ed assistenza.
Perché
un paese così ricco di petrolio ha un tasso di povertà così alto?
Nel
1979, dopo la rivoluzione islamica, furono istituite delle fondazioni religiose
per gestire il patrimonio dello scià; dovevano essere organizzazioni senza
scopo di lucro dedite all’assistenza ai poveri. Da allora hanno accumulato
grandi ricchezze con l’estrazione del petrolio e controllano gran parte
dell’economia nazionale, giustificando tutto ciò con la necessità di dover
garantire l’assistenza ai più poveri.
E’
così la povertà ad alimentare l’enorme potere in mano ai religiosi, generando
una spirale in cui il clero ha tutto l’interesse a mantenere l’attuale livello
di povertà per mantenere potere e privilegi.
Come
potrebbero le fondazioni religiose gestire tanta ricchezza senza tanti poveri
da assistere?
Siamo
all’assurdo di una situazione in cui i candidati ultra conservatori ottengono
voti dai tanti poveri, dietro la promessa di maggiori sussidi, ed in cui le
fondazioni controllate dai mullah, che distribuiscono tali sussidi, hanno
bisogno dei poveri per giustificare la loro presenza.
Quando
i poveri iraniani potranno affrancarsi da questa grigia situazione?!?
In
passato abbiamo assistito a dure repressioni di giovani che rivendicavano i
loro sacrosanti diritti di libertà. Il potere religioso ha costruito sistemi di
controllo e repressione molto efficaci, è una dittatura a tutti gli effetti, ma
la cultura (è comunque un paese colto) e la globalizzazione (internet,
satelliti, ecc..), prima o poi, usciranno dalle maglie della censura e, forse,
i giovani d’oggi, domani saranno a governare il futuro di una società iraniana
più democratica.
E’
il mio augurio!
Scrivi
a: