Intelligenza non significa non commettere
errori, significa scoprire il modo di trarne profitto.
Questa definizione la lessi da qualche parte, non ricordo dove e di chi fu la paternità, ma mi piacque subito.
Già, perché l’intelligenza è solo
un aspetto della complessità dell’essere umano, fatto anche d’emozioni,
sentimenti, paure, di sistemi arcaici e di sistemi evoluti, che hanno un loro
potenziale d’azione spesso in conflitto reciproco.
Già, perché l’essere umano non è perfetto, l’evoluzione ne
ha migliorato le prestazioni e quindi la sopravvivenza, ma rimane un essere
fatto di razionale e d’irrazionale.
Ognuno di noi si sarà rimproverato per aver fatto
stupidaggini che avrebbe potuto evitare, ma è successo
perchè un’emozione molto forte o un senso di paura improvviso può aver preso il
sopravvento sulle nostre capacità razionali ed averci fatto commettere un
errore di valutazione.
Ciò è successo perché è nella nostra natura di esseri umani, indipendentemente dal nostro grado d’intelligenza.
Certo, un’intelligenza superiore rende rari questi eventi, li
riconosce quando si verificano e ne trae beneficio di conoscenza e di sviluppo
intellettivo, ma non sempre riesce ad evitarli.
La mente umana poi è così imperfetta da sviluppare
paturnie, paranoie, nevrosi e ciò con l’intelligenza non ha
nulla a che fare.
L’essere umano – infatti – è un essere
sociale, che ha bisogno degli altri per vivere, confrontarsi e sopravvivere.
Le informazioni su di noi che ci trasmettono gli altri
sono, a volte, in contrasto con ciò che desideriamo ed, a volte, ci sentiamo
così incompresi e tristi per questo, che ci scervelliamo a capirne il motivo,
seguendo lunghi ed arroventati percorsi dove la razionalità si mescola alle
emozioni ed alle paure e dove è un’impresa distinguere l’una dalle altre.
Nella soluzione dei nostri problemi entrano, allora, in
gioco, non solo l’intelligenza, ma anche la tenacia, il carattere, gli affetti,
ecc.. in un mix la cui giusta composizione ne
determina il successo.
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